Selezione dei 23, più di un’ombra
L’Aquila – Scrive il consigliere Roberto Tinari: “Se non fosse stato per alcuni colleghi del Consiglio comunale – di opposizione – e per merito di qualche giornalista che ha voluto approfondire l’argomento, nessuno sarebbe venuto a conoscenza dei bandi per la selezione di 23 professionisti a servizio dell’Ufficio Speciale per la Ricostruzione. Contratti di collaborazione a tempo determinato, da 70mila euro per professionista.
Dopo una procedura simile e la scheda parametrica, completamente sgradita agli ordini professionali, per la terza volta questo Ufficio si fa promotore di un’iniziativa che desta più di una perplessità e che viene attuata nella segretezza più assoluta. Alla faccia della trasparenza a suo tempo sbandierata dal Ministro Barca.
Mi auguro che qualcuno dica al titolare dell’Ufficio, dottor Paolo Aielli, che non può gestire questa struttura come meglio crede. La selezione doveva essere quantomeno diffusa con comunicati formali dell’Ufficio Speciale attraverso gli organi di informazione, e non solo pubblicata sul sito del Comune.
Di privilegi e privilegiati ne abbiamo fin troppi. Il dottor Aielli cominciasse a far venire a lavorare all’Aquila le persone che, al momento, sostengono il suo superato nell’Ufficio Speciale; non è a Roma l’emergenza, è nella nostra città . Inoltre cominci davvero a fare un’opera di conoscenza del lavoro del suo Ufficio attraverso idonei sistemi promozionali (opuscoli, pubblicazioni e così via) e spieghi chiaramente quali saranno ora i tempi per il rilascio dei contributi per la ricostruzione.
Ne abbiamo abbastanza di istituzioni che fanno confusione nel problema più importante che abbiamo, quello della ricostruzione. Ne abbiamo abbastanza di personale che viene preso con metodi quantomeno particolari e che è destinato a rimanere precario qui all’Aquila.
Se non intende cambiare modo di rapportarsi con la città , il titolare dell’Ufficio Speciale per la Ricostruzione se ne torni a casa. Non ci servono ulteriori carrozzoni che fagocitano denaro pubblico, che sono strutture commissariali mascherate e che non risolvono i problemi reali dei terremotati.
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