La cinta muraria, patrimonio recuperato


L’Aquila – UN INTERESSANTE PROGETTO PRESENTATO OGGI IN COMUNE – (Foto: le mura in viale Ovidio e quelle lungo via Tancredi da Pentima puntellate dopo il sisma) – Più o meno cinque chilometri di mura medievali, con porte e torrioni, panoramicamente spesso bellissime. Sono le fortificazioni, di varie epoche e momenti storici, che racchiudono il cuore della città e le danno quella forma originale che, a detta di qualcuno, conferisce a L’Aquila originaria (dentro le mura) una somiglianza con Gerusalemme. O, meno fantasiosamente, una somiglianza vaga con il profilo del continente africano. Le mura saranno recuperate, restaurate, risanate anche esteticamente, con la spesa di una dozzina di milioni, 8 dei quali sarebbero pressochè disponibili. Un lavoro importante, annunciato con giusto orgoglio questa mattina dall’assessore alla ricostruzione Pietro Di Stefano e molto apprezzato dal sindaco Cialente. Tutti d’accordo, permessi e patti siglati, progetti visionati e timbrati. I lavori dovrebbero partire in tempi non biblici e durare un paio di anni, almeno così garantisce Di Stefano. Tutto pronto entro il 2015, insomma, mentre dentro le mura dovrebbero fervere cantieri e lavori di ricostruzione. Semprechè tutto vada come si garantisce che debba andare.
Purtroppo il passato, e soprattutto gli ultimi 4 anni della storia aquilana, dice che sono più le incompiute che le compiute, tra le grandi opere capaci di cambiare una città sciatta, tascurata, abbandonata da sempre e da tutti, più per incultura e inerzia mentale che per mancaza di risorse. Basta andare infatti a Rieti e vedere come si tengono delle mura urbane, peraltro nella città sabina molto meno lunghe di quelle aquilane. Lì pulizia, erba, fiori, camminamenti pedonali, piste ciclabili, niente cespugliacci ed erbacce, una manutenzione e una illuminazione adeguate. Qui, mura sorgenti dal selvaticume vegetale mai sfalciato, mozzioconi di strutture, pietre cadute, sporcizia a cataste. Ma non per il terremoto: da sempre. Lungo il viale della stazione si può avere un’idea di come è stata L’Aquila fino ad oggi: le mura sono assediate da strutture aggiunte (e pericolanti), interventi, manomissioni, una vegetazione che ha decenni di vita, rifiuti, veicoli abbandonati, fango, rottami. Un’indecenza da tutti e da sempre sotto gli occhi di sindaci e assessori, cervelloni sovrintendenti, esperti e storici dell’arte e compagnia cantando.
Ora cambia tutto, e, c’è qualcosa di vero, cambierà anche molto. Cinque chilometri di cinta muraria quasi ovunque visibile, in piedi, munita e ornata, con verde di fronte, spazi pedonali, giardini, fontanelle, panchine, chioschi e quant’altro acculturati progettisti sapranno partorire. Ma senza grandi meriti: semplicemente sfalciare l’erba lungo le mura e tracciare dei sentieri sarebbe un balzo nel futuro. E nella civiltà. Crediamo a Cialente e Di Stefano, lo meritano: almeno si sono dati un impegno e hanno smosso acque putride da decenni, forse secoli.


19 Marzo 2013

Categoria : Storia & Cultura
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