La cultura che sceglie la… concorrenza
Pescara – (di Paola Marchegiani, consigliera comunale PD) – C’E’ CHI IN SOSTANZA BOICOTTA IL PREMIO FLAIANO – Giordano Bruno Guerri e Luigi Albore Mascia annunciano la presenza a Pescara, il 20 luglio prossimo, per l’inaugurazione del Festival dannunziano, dei finalisti del premio veneziano di letteratura, il Premio Campiello. Tutti sanno a Pescara che luglio è il mese del Premio Flaiano, premio curato da sempre con competenza e dedizione, e oggi a fronte di una situazione finanziaria molto difficoltosa, da Edoardo Tiboni. E’ venuto spontaneo interrogarsi, già da parte di molti, sulla opportunità di creare, con la vetrina data al Campiello, una sorta di concorrenza al nostro Premio Flaiano, e viene spontaneo altresì chiedersi se questa iniziativa non sia una ulteriore prova di disattenzione nei confronti della Storia della Cultura di Pescara. Perché è fondamentale che riconosciamo al Premio Flaiano il ruolo di rappresentanza della nostra Città a livello nazionale e internazionale, svolto in trentanove edizioni, quest’anno la quarantesima. Sarebbe stato opportuno, semmai, che l’anniversario dannunziano fosse un’occasione di potenziamento anche del nostro Premio Flaiano, dandogli, con le celebrazioni, un momento di ulteriore visibilità. L’anniversario doveva essere un’occasione di crescita e di rilancio delle istituzioni culturali della Città, e con questo di crescita della Città stessa.
Ma non ci possiamo in fondo meravigliare di questa iniziativa: ancora un “passaggio”, una “passerella”, ancora denari spesi per qualcosa che non resta. Perché noi pescaresi dobbiamo chiederci, dopo quattro anni di Festival dannunziano, e di iniziative varie, cosa rimanga a Pescara di questi passaggi. Non fu così nel 1963, quando, in occasione del centenario dannunziano, furono realizzati in soli due mesi un teatro all’aperto e la stele dannunziana, a perenne ricordo della vita e dell’opera del poeta. E’ molto istruttivo rileggere il programma delle celebrazioni di quell’anno, e confrontarlo con un oggi che si spende nell’effimero.
La Città ha un bisogno disperato non di effimero, ma di opere durevoli, che ne rilancino per il futuro un ruolo nuovo, che esaltino le sue tradizioni e il suo patrimonio culturale in un rinnovato rapporto con la contemporaneità, opere da cui possa scaturire una nuova economia.
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