Le poste di Mascioni e i diritti violati


Non è incoraggiante che si debba ottenere ciò che appartiene all’ordinario solo dopo una sentenza. Il caso delle poste di Mascioni, riaperte per ordine del TAR, lascia soddisfazione per la decisione, ma amarezza per il fatto che si sia dovuto far ricorso al giudice per far restare un ufficio postale in un paesino di vecchi, di freddo, di solitudine e abbandono. I casi del genere sono molti, e un’infinità di volte le poste hanno semplicemente scelto un lucchetto, anzichè preoccuparsi delle esigenze della popolazione.
Il paesino è piccolo, gli utenti pochi, gli “affari” striminziti? Si chiude, e si sbatte la porta in faccia allo stato sociale. Intendiamoci, da queste parti lo stato sociale non c’è proprio: siamo in uno stato a-sociale, antisociale, vessatorio, inquisitorio, sovente antidemocratico. Nessuno si illude. Vi sono casi in cui , tuttavia, persino un burocrate delle poste capirebbe che occorre ripensare a tagli brutali e tornaconti imperiosi. La sentenza del TAR ordina: le poste restino a Mascioni. Adesso esaminiamo tutti gli altri casi analoghi (tanti) e le poste chiedano scusa, riaprendo gli uffici che iniquamente hanno soppresso. O si dovrà fare per ogni ufficio un ricorso al TAR?



16 Marzo 2013

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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