Non mi arrendo e chiedo con forza al sindaco di volere più bene ai bambini aquilani
L’Aquila – (di Rita Maccarone – ricercatrice universitaria) Ogni volta che i miei bambini mi chiedono di voler andare a giocare fuori casa è un colpo al cuore. L’Aquila non ama i suoi bambini, loro dovrebbero essere L’Aquila del futuro, ma in questa città vengono a dir poco bistrattati. Dopo il sisma del 6 aprile 2009, c’è stata una forte volontà da parte dello stato italiano di riportare i bambini e le loro famiglie all’Aquila costruendo in tempi record i moduli ad uso scolastico provvisorio e i progetti C.A.S.E. Ottimo, ma oggi dopo 4 anni mi chiedo se chi ha fatto questa bella pensata abbia tenuto conto del fatto che i bambini oltre alla scuola hanno anche altre esigenze. Si è vero, oltre alle scuole gli hanno dato delle C.A.S.E. dopo poter vivere e giocare dentro 10 metri quadri per 9 mesi l’anno. E poi? A si, e poi uno scivolo e un’altalena in terreni dove zonzolano liberi i cani. E poi? E poi purtroppo il nulla. La cosa più grave e’ che tutto questo che è stato fatto e’ solo opera della stato, in 4 anni la nostra amministrazione comunale non ha aggiunto neanche un sasseto e non ha iniziato la manutenzione. Abbiamo il “parco del castello” il polmone verde della nostra citta’, a cui tutti noi siamo legati, che potrebbe essere un perfetto luogo d’incontro e di gioco e invece, di parco ha a mala pena il nome. Oltre ad essere mamma di due figli, per professione ho qualche conoscenza di neuro fisiologia e so quanto siano importanti per lo sviluppo cerebrale di un bambino lo stimolo e le sensazioni legate al gioco, alla socializzazione. E so anche quale impatto negativo possa avere sulla loro serenita’ vivere in una citta’ che non c’e’ senza luoghi d’incontro, senza parchi gioco simili a quelli di altre città e senza prospettive di averne. Ma questi sono discorsi troppo astratti e poco di facciata per chi ci amministra. Ma io non mi arrendo e chiedo con forza al sindaco ed ai suoi collaboratori di volere più bene ai nostri bambini, loro non possono più aspettare, non hanno scelto di vivere qui e si ritrovano in una contesto voluto da adulti incapaci di dialogare tra di loro ed incapaci di immaginare una città adatta ai bambini.
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