Celano: la luce, i tesori e un mistero
Celano – (di Gianfranco Colacito) – (Foto del Messaggero: il collier, gli orecchini e una delle sepolture) – Se il sindaco di Celano, on. Filippo Piccone, saprà cogliere la palla al balzo, il patrimonio archeologico abruzzese e – in questo caso – marsicano, farà da propulsore potente e di qualità per il turismo tutto da costruire, promettente nei risultati anche sotto il profilo pragmatico: ritorni economici e un vero lancio di immagine. L’area archeologica di Celano, infatti, si arricchisce, e diventa più attraente grazie ad un mistero spuntato dalla terra che appartenne al lago Fucino, prosciugato con l’imperatore Claudio e poi ancora dai Torlonia in epoca moderna. Per produrre corrente elettrica, luce, grazie al fotovoltaico, gli scavi per l’impianto hanno donato un tesoro a Celano e alla cultura archeologica italiana.
In una gande necropoli che due millenni fa si affacciava sulle sponde del lago scomparso, sono state rivenute (e studiate) tombe di fanciulle, molte fanciulle o adolescenti inviate nell’al di là con monili e gioielli raffinati, autentici capolavori risalenti al periodo imperiale tra il I e il III secolo. Ragazze il cui ultimo viaggio veniva in qualche modo, e anche con tenera ingenuità , allietato con oggetti preziosi, quasi che le fanciulle dovessero essere consegnate all’altro mondo truccate e rese più belle per l’eternità del loro sonno.
Il mistero non sta qui. Il mistero è una risposta che non c’è, e forse non ci sarà mai: perchè tante ragazzine morte in quel luogo? Luce, tesori e mistero, dunque, tra le montagne del Fucino che custodiscono, dall’altro lato rispetto a Celano, le suggestive tecnologie di Telespazio e del suo perenne colloquio con i satelliti in orbita. L’area di Celano risulta abitata da almeno due millenni prima dell’età imperiale romana, fin dal Neolitico, dall’Eneolotico e fino all’arrivo dei Romani. Una continuità millenaria che è poi filata nel futuro quando accanto ai fossati neolitici e alle palafitte, comparvero le antenne paraboliche della stazione spaziale. Un condomio multiforme e un percorso che attraversa decine di secoli.
Gli oggetti trovati nella necropoli di Celano, in località Pratovecchio, sono tesori inestimabili, con alcune eccezionalità sulle quali gli studiosi dovranno spremere le meningi, come la piccola lamina d’oro arrotolata con lettere greche visibili, forse una formula magica per le fanciulle morte.
Ma ciò che lascia a bocca aperta sono i gioielli, raffinatissimi, di fattura elegante e delicata, tra i quali un collier con orecchini, fatto di vaghi di pasta vitrea scura. Nelle tombe (230 in tutto quelle esplorate) sono riapparsi oggetti funerari comuni, tipici di ogni sepoltura, ma per le fanciulle la dotazione – diciamo – comprendeva qualcosa di straordinario, appunto monili e gioielli. Il Messaggero, nell’inserto Macro dedicato a Celano, ha titolato parlando di “giallo delle baby regine”. Suggestivo, ma come è possibile spiegare una… concentrazione di baby regione in una sola necropoli?
Più che un giallo, dunque, un vero mistero, per lo meno simile all’altro, più inquietante e assolutamente inpiegabile, dei semi di girasole trovati in un contenitore a bordo di una nave romana naufragata di fronte all Toscana in epoca imperiale. C’erano diverse spezie ed erbe, il che prova che i medici e i taumaturghi imperiali usavano le medicina vegetale, le erbe, come facciamo noi. Ma c’è un dettaglio: il girasoli, piante americane di origine, non poteva essere su quella nave, più di 10 secoli prima della scoperta dell’America. I Romani avevano già scoperto l’America o bazzicavano chi l’aveva già scoperta nel I o II secolo dopo Cristo? Come vedete, il fascino dell’archeologia è straripante. Se ne può fare una fortuna per chi sa cogliere l’occasione. Ci auguriamo che a Celano e in genere in Abruzzo qualcuno sappia farlo. Non solo in nome della cultura, ma anche del sano profitto.
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