Filobus a Chieti: “Ma’, che autobus è?”

L’Aquila – Il ritorno della filovia (una volta si diceva filobus) a Chieti, unica città d’Abruzzo ad attuare sia pure con ritardi enormi, all’italiana, una politica ecologica urbana, è un tuffo nei ricordi. Tanti, ma tanti anni fa chi scrive, ragazzino delle medie, veniva portato a Chieti un paio di volte l’anno a trovare zio Mario. Un personaggio originale, ex sottufficiale dell’esercito, monarchico e “tosto” militare senza più divisa, ma con il cuore tappezzato di stellette. La seconda fase della gita a Chieti (ci voleva una vita per arrivarci…) era la ramanzina di zio Mario, che tentava di inculcare nel ragazzino distratto e fantasioso la convinzione che nella vita bisognasse fare il militare per essere qualcuno. Ramanzine senza esito. La prima fase, invece, era più avvincente: infatti dal piazzale della stazione allo Scalo si prendeva il filobus. Che meraviglia quel coso di due verdi diversi, sbuffante e scattante, lento e sicuro, che si inerpicava lungo la salita per Chieti alta! Ovviamente, nessuno aveva mai visto un filobus se non a Chieti. A Roma ce n’erano, ma chi andava a Roma a quell’età? E immancabile arrivava la domanda: “Ma’, che autobus è questo, dove ha il motore come gli altri?”. Mamma non sapeva rispondere con molta precisione, e aggirava la domanda: “Ma su, pensa a sederti che ci sono le curve e poi ti senti male…”. Niente vero. Vero invece che un mezzo elettrico come quello era anche per gli adulti un mezzo mistero. Chieti era quel filobus che ci portava a San Giustino da dove poi si proseguiva a piedi verso casa di zio Mario, vicino all’allora ospedale militare. Quello in cui anni dopo chi scrive si sottopose a visita per indossare la divisa cara a zio Mario. Ma, orfano di padre, non indossò alcuna divisa. In fondo, mica gli sxarebbe dispiaciuto tanto, pur di poter tornare su quel filobus. Ben tornata, filovia. Bravo sindaco, dopo 17 anni l’ha spuntata…

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