Uccidersi derubati della dignità


Un padre di famiglia abruzzese si è ucciso, nei giorni scorsi, perchè prossimo a restare senza lavoro e senza sostegni sociali. Non è il primo. Aveva quasi 60 anni. E’ capitato altre volte, quando ad uccidersi sono stati giovani disoccupati o imprenditori rovinati. E’, tutto ciò, di una oscura ineluttabilità, che supera quella millenaria delle tragedie greche, ispirate da fatti passionali o dinastici. Qui è la società che uccide, e nessuno poteva immaginarselo fino a pochi anni orsono.
Non sono più casi sporadici. Avvengono spesso, messi in luce solo da amari titoli di giornali, che impazzano poche ore, per lasciare spazio a nuove e diverse storie di violenza, sangue, corruzione, politica. La gente, derubata della vita e della dignità, come ai tempi di Silone, cede di schianto e decide di sparire da questo mondo. Da questo paese sempre più spinoso, ruvido, intriso da un maligno decadimento. Una Fontamara ormai senza confini, che pare non impensierire chi comanda o dovrebbe comandare. Il dolore è straziante, ancora di più l’indifferenza della società imbarbarita e ormai orba e sorda. Un’assuefazione al male, peggiore del male.



05 Marzo 2013

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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