Meditazioni – Le beffarde urla del silenzio
Pescara – (di Stefano Leone) – E’ domenica; uno di quei pomeriggi nei quali, il sole del dopo pranzo invita a fare un giro. L’aria è morbida e respirabile, la luce bella e fluorescente. Il cronista ne approfitta; fa visita ad uno dei luoghi più suggestivi e romantici della città, ma anche il luogo identitario divenuto il simbolo di una città che annaspa e arranca. E’ un po’ come quell’uomo di belle maniere che, vestito impeccabilmente con un pregiatissimo tight scuro e con le scarpe sporche di fanghiglia. Il porto canale, quel lungo fiume sovrastato, quasi come fosse uno sfottò, da un’opera che molti invidiano che invece, sadicamente sovrasta, ciò che al di sotto piange ed è solo decadenza. In una domenica pomeriggio appunto, sole, cielo azzurro riflettente e mare color verde azzurro piatto come un manto di neve fresca.
Oltre mamme con passeggini, ragazzi in adolescenza con tavole da skating, il Ponte del Mare raccoglie chi gode da lassù di due visuali diverse ma entrambi mozzafiato: dalla sommità del ponte, ad est, la distesa dell’Adriatico che accarezza la costa e, man mano che da essa si allontana, cambia colore e tinte; ad ovest, il sole gioca fra i possenti tralicci a volte sparendo altre riapparendo in un gioco di luce che coinvolge il fiume che scompare oltre l’ansa, i palazzi che fanno da cornice e le due Torri Camuzzi che prepotentemente aspirano ad inserirsi nell’elenco dei luoghi da conclamare della città. Sotto il Ponte del Mare? Il silenzio. Silenzio che parla di barche ferme ormai da tempo immemorabile, il silenzio che parla di un fiume malato al cui capezzale luminari e luminescenti uomini di politica si sono avvicinati ma la malattia è in prorompente progressione; il silenzio del fiume privo delle scie possenti di barche che solcano l’acqua, regno silente solo di gabbiani stanchi e adagiati sull’acqua; il silenzio di una Stazione Marittima sola e abbandonata, ricordo di brulichio di passeggeri, con navi che arrivavano e partivano solcando il mare da e verso est. Insomma, il silenzio della decadenza di una città che dice di voler essere motore ed invece è ferma con il suo porto; una città che afferma di essere viva ed invece quaggiù tutto è silente. E’ ormai da tempo che si aspetta di sentire il rumore di possenti motori di una draga che metta la sua benna nella “sanguinante ferita” del porto canale, ma niente. E non perché sia domenica pomeriggio. Lo sarà anche domani…silente!
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