Terremoti, processi e livelli di colpa
L’Aquila – (di G.Col.) – L’ultimo terremoto a L’Aquila (scossa 3,7 ml da una delle aree sismogenetiche più pericolose, quella di Campotosto) non ha accresciuto solo la paura, incontrollabile e istintiva, che la gente prova ormai ad ogni tremore, pure quello del motore del frigorifero. Ha “insegnato”, ma solo a chi sa imparare, che l’Aquilano è una polveriera sismica, in cui vale solo la storia. Sapere cosa è stato, e ammettere che ciò che è stato, potrà essere di nuovo. Senza scappatoie. E poichè nessuno intende scappare, anche perchè molti non saprebbero come farlo e dove andare, occorre prepararsi nel modo migliore. Sapere, convincersi che il terremoto sempre ci fu, c’è e ci sarà .
E’ una barzelletta quella della periodicità di 300 anni. Assolutamente falsa, e la sua falsità è evidente: andrebbe ribadita e urlata a tutti i cittadini. I terremoti, se mai, da queste parti hanno periodicità molto, molto più breve. Una cinquantina o sessant’anni. Basta leggersi le date nel lungo elenco dei terremoti storici.
L’intera città dovrebbe essere totalmente antisismica, al 100×100, invece lo sono (e lo saranno) solo gli edifici del Progetto Case e i Map. Per il resto, gli ottimisti ipotizzano – a ricostruzione avvenuta – un 60%, e neppure dappertutto.
La notte tra il 16 e ul 17 febbraio ha “parlato” l’area tra Campotosto e Crognaleto, a cavallo del Gran Sasso, monte S.Franco, che non è noto solo per la sua acqua “miracolosa” e per i “peli di San Franco”, filamenti vegetali comuni lassà di cui si dice che allevino il mal di testa, strofinati sulla fronte. Quell’area sismogenetica, forse resa instabile per sempre dal grande bacino lacustre di Campotosto, “parlò” nel 1950, sparando una scossa 5,2 Richter che per un soffio non distrusse L’Aquila e dintorni. Ora torna a farsi viva, speriamo contenendosi in intensità sismiche sopportabili.
Il terremoto è una realtà naturale, che sta portando processi e condanne, ma che evidenzia soprattutto la criticità impressionante del patrimonio edilizio, pubblico e privato. Ogni sentenza dice chiaramente che l’edificio crollato (e assassino) era fatto male, inadeguato, traballante, o castello di carte. Ogni sentenza riguarda, naturalmente, il caso in esame e non gli altri. Ma tante sentenze formano un contesto in cui emerge forte e inequivocabile un dato: la città era costruita male, vigilata male, priva di un’educazuione sismica, di conoscenze e verità che dovevano essere rivelate e furono celate.
Andando all’osso del discorso, nessuno per decenni a L’Aquila si è mai preoccupato del rischio sismico, che pure continue scosse (anche decine all’anno) ricordavano come in un monito della natura. Prima lo dicevano i giornali, oggi lo dicono diverse sentenze. Esiste, dunque, un alto e generale livello di colpa, che finora nessun processo ha preso di mira. Una colpa estesa, gravosa, che riguarda istituzioni e amministrazioni, politica e personaggi di governo. Gli studi eseguiti più volte, pubblicati anche sui giornali, furono sempre insabbiati e celati, e in qualche caso chi li aveva eseguiti fu ritenuto quasi responsabile di lesa maestà . Un livello alto, indistinto, esteso, condiviso, ha sempre agito come se il terremoto fosse una cosa del passato, toccando ferro e pensando solo all’oggi e ai tornaconti. Vietando di aver paura e di conoscere dati che, pure, diversi scienziati avevano affermato e diffuso sui mass media. Quando non erano stati fermati prima da potenze occulte, s’intende.
La pericolosità della maggior parte degli edifici, scuole comprese, era comunque nota e arcinota, scritta sulle carte e sui documenti. Certo nessuno immaginava che potesse crollare… la facoltà di Ingegneria. O che potesse collassare l’ospedale.
Poi la natura ha inviato i suoi messaggi, e l’incoscienza collettiva si è protratta, fino al 6 aprile 2009, quando tutto è finito e sono state alzate 309 lapidi.
Oggi ci si accinge a ricostruire la città , o almeno le sue mura. Antisismica sì, ma moderatamente. Sembra un film, ci vorrebbe Rosi per raccontarlo.
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