D’Alfonso, appello della Procura: la vicenda giudiziaria è tutt’altro che conclusa


Pescara – (di G.Col.) – Nella foto l’ex sindaco di Pescara, Luciano D’Alfonso, con il direttore di questo giornale, Gianfranco Colacito. L’immagine (durante un’intervista televisiva) risale a diversi anni orsono (almeno sei): D’Alfonso ha ancora i capelli scuri, Colacito i pochi che conserva, li tiene anche lui scuri. Oggi D’Alfonso ha la chioma ancora folta, ma ingrigita, diciamo sale e pepe. Il direttore di InAbruzzo.com, invece, i capelli bianchi (pochi per fortuna) se li ritrovò in testa la mattina del 6 aprile 2009, appena dopo la scossa devastante a L’Aquila. Due percorsi verso… la canizie, dovuti a diverse sofferenze.
D’Alfonso oggi, assolto insieme con tutti gli altri, non nasconde di essere pronto per impegni politici regionali. Lo ha detto chiaro e tondo in un’intervista televisiva alla Rai, ma la cosa era percepita fin da subito, ieri, dopo la sentenza, anche nelle parole di esponenti del PD presenti in aula, secondo i quali l’ex sindaco farà, adesso, quello che ha sempre fatto: politica. Dove? Nel PD, ovviamente. E con quali aspirazioni? Naturalmente, la candidatura alla presidenza della Regione.
Scelta scontata anche per l’avversario, l’attuale presidente Gianni Chiodi, il quale non si scompone più di tanto e dichiara: “Benissimo, io l’impegno elettorale amo affrontarlo nella competizione. Non amo le vittorie a tavolino…”.
Finalmente qualcosa di chiaro nella politica abruzzese. E due avversari sicuramente di alto profilo, D’Alfonso e Chiodi.
Ma forse si corre troppo. L’assoluzione in tribunale non è, per D’Alfonso, la fine del calvario giudiziario che lo vede da cinque anni alle prese con magistrati e avvocati. La Procura di Pescara impugnerà la sentenza di assoluzione e dunque si dovrà celebrare un nuovo processo, questa volta davanti alla Corte d’appello dell’Aquila. Tempi? Non brevissimi, si sa che la giustizia italiana (anche quella penale) non è fulminea. Cinque anni di calvario non basteranno, quindi, all’ex sindaco di Pescara, al dirigente Dezio, agli imprenditori Toto e agli altri imputati (una ventina di persone oltre a quelli citati), per considerarsi “al sicuro”. La vicenda non è chiusa, anzi tutt’altro. Dopo il giudizio di secondo grado, potrebbe esserci il ricorso per Cassazione. E’ inoltre statisticamente improbabile che la Corte d’appello confermi in toto la sentenza, che è un’assoluzione generale per tutti. La Procura ha sbagliato dall’inizio alla fine? Un caso davvero insolito, senza moltissimi precedenti.
Resta una certezza: Luciano D’Alfonso ha dei nemici, dei detrattori, delle persone che volevano la sua definitiva scomparsa dalla scena abruzzese. Ma ha anche un rilevante numero di estimatori tra la gente, tra i cittadini. Ha dato a Pescara la cosa più bella degli ultimi decenni, il ponte sul mare, oltre al bicchiere giapponese di Piazza Salotto, che però è finito in pezzi ed è anche sparito. Difficilmente un uomo politico supera burrasche e arresti, cinque anni di storia giudiziaria penale, restando nel cuore di tanta gente. Un motivo ci sarà. Ma sbaglia chiunque pensi di poter mettere il coperchio su questa storia, che è sì e no a metà del guado.


12 Febbraio 2013

Categoria : Cronaca
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