Il “bicchiere” deve restare a Pescara
Pescara – Scrive la consigliera comunale del PD Paola Marchegiani: “Prima di decidere, spero in maniera condivisa, su eventuali spostamenti dell’Huge Wine Glass di Toyo Ito è necessario recuperare la memoria dei lettori sul valore dell’opera, sul senso dell’arte contemporanea come via di incrocio di culture diverse. L’opera nacque dietro lo spunto della Facoltà di Architettura della “G. d’Annunzio” che suggerì il nome di un grandissimo architetto di fama internazionale agli Amministratori della città: Toyo Ito appunto, un architetto-artista in grado di ideare in modo del tutto originale un’opera “ambientale” che potesse assurgere a simbolo della città contemporanea, anche per la sua collocazione esterna, nell’intimità della città.
Dopo la tragica rottura del calice, Mascia ha intenzionalmente voluto strumentalizzare politicamente il lavoro sfortunato dell’Architetto giapponese, esprimendosi con una serie di irripetibili volgarità e di becero provincialismo, che hanno abbassato il livello di dialogo necessario per prendere una decisione serena sul futuro dell’opera.
A questo punto è bene chiarire che:
1. Il calice appartiene alla città di Pescara e deve rimanere a Pescara. Il Comune ne è proprietario all’80% mentre il resto è della CARIPE.
2. Il Wine Glass è un’opera ambientale, quindi concepita per l’esterno e tale deve rimanere.
Ora le vere domande che il Comune dovrebbe porsi sono: Può l’opera essere restaurata? Può essere ricollocata senza rischi e pericoli? Se la risposta è positiva non c’è bisogno di sistemarla lontano dalla città. Se la volontà è quella di inserire il calice in un contesto espositivo contemporaneo, abbiamo a Pescara luoghi straordinari e coerenti con la finalità dell’opera come, il Museo Vittoria Colonna in pieno centro o l’ex Aurum che rappresenta un reale contenitore per opere di avanguardia artistica. E allora la prima operazione seria che si dovrebbe compiere è oltre a conoscere il parere dell’artista che l’ha ideata, quella di interpellare restauratori del contemporaneo per chiarire se l’opera può tecnicamente essere recuperata e messa in sicurezza, piuttosto che assecondare l’interesse di altri musei fuori dalla città. Infine, qualora non fosse possibile recuperare il calice rimarrebbe aperta la strada di coinvolgere nuovamente Toyo Ito per la realizzazione di una nuova opera, così anche l’artista giapponese avrebbe tutto l’interesse a sgombrare il campo dalle volgari illazioni rivolte alle sue capacità artistiche”.
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