Contrariato mi oppongo alle conclusioni della Procura


Sono profondamente contrariato per la richiesta di archiviazione del procedimento a carico di Bertolaso Guido e Stati Daniela disposta dai sostituti procuratori Fabio Picuti e Roberta D’Avolio e presenterò opposizione cercando di argomentare le motivazioni nelle sedi opportune e nei termini di legge , anche se molto brevi.

Nel corso di questi anni ho cercato il più possibile di volare in alto per evitare di imbattermi in discussioni o in squallidi personaggi in cerca di visibilità che sistematicamente hanno gravitato intorno alla tragedia cercando il contatto e che, pur di apparire sui media, come se fosse l’occasione della loro vita, e forse lo era, hanno approfittato oltre ogni limite insensibili ed incuranti del dolore altrui.

La fiducia verso la magistratura è stata totale ed anche non capendo alcuni momenti di vuoto, come quando venivano censurate delle interviste registrate da tv nazionali subito dopo il sisma con denunce specifiche sulle rassicurazioni fatali e sui ritardi dei soccorsi o come quando venivano pubblicate a comando le intercettazioni degli attori inquisiti da parte di quotidiani nazionali senza avere tali informazioni per intero direttamente da parte della polizia giudiziaria, ritenevo che il lavoro stesse procedendo bene verso l’obiettivo della verità e della giustizia.

Ma ora, dopo aver elogiato l’immenso lavoro della procura e della polizia giudiziaria sul processo alla commissione grandi rischi, ritengo che debba rischiare di nuovo di confrontarmi personalmente con i tifosi delle parti coinvolte perché mi sento di dover contrastare l’inerzia della procura in merito alle responsabilità di personaggi con grande potere che devono, secondo il mio parere, rispondere per la morte degli aquilani il 6 aprile 2009. Faccio ciò consapevole dei rischi perché ritengo che la giustizia sia un diritto anche in questo stato. Forse i tempi non sono maturi, forse siamo ancora uno stato giovane limitato culturalmente rispetto ad altri stati ma siamo in cammino anche noi verso quel livello di civiltà e libertà cui auspichiamo di arrivare. Ritengo che le procure non possono disapplicare a piacimento l’art. 3 della Costituzione. Le procure devono fare il proprio dovere senza specchiarsi continuamente con l’opinione pubblica e senza soffermarsi su interpretazioni antropologiche delle comunità che potrebbero far scrivere più o meno velocemente un evidente capo di imputazione. Le procure devono avere la forza ed il coraggio di applicare la legge senza pensare ad altro. Il tempo dei riconoscimenti, degli applausi, dei convegni e degli incontri nelle scuole arriverà all’età opportuna o forse non arriverà mai come avviene per molti uomini di stato ma ciò non deve preoccupare chi è chiamato per missione e talento a tale carriera. Certo, anche i magistrati possono fare degli errori, sono uomini, e gli errori sono rimediabili attraverso tre gradi di giudizio, gli illeciti sono sanzionabili da parte del Consiglio superiore della magistratura e quelli più gravi dalla giustizia penale cui i magistrati sono sottoposti come ogni altro cittadino. Ma se ci sono delle ipotesi di reato e queste ipotesi sono riferite alla morte di centinaia di persone, allora qualcuno si deve prendere la responsabilità di portare in giudizio ed eventualmente assolvere i responsabili perché altrimenti sarebbe un ulteriore disastro per tutti e l’esempio che si darebbe sarebbe peggiore di una legittimazione del male. Non si archivia senza fare le indagini in modo serio con eventuali confronti all’americana. Non si esclude a priori l’ipotesi del dolo eventuale per paura di mettere in discussione l’impalcatura di un’altra verità processuale ormai in porto. Non si archivia con l’evidenza delle intercettazioni in cui si ammettono circostanze che nulla hanno a che vedere con la colpa ma che sono riconducibili perfettamente al dolo eventuale. Non si utilizzano due pesi e due misure sulla base dell’assioma che qualcuno dei presenti in commissione non era in grado di intendere e di volere. Non lo si fa perché poi quel qualcuno seguita ad essere visto come un modello di corretta amministrazione e lo si farà presenziare ad ulteriori commissioni che decideranno sul futuro delle collettività. Non si lascia a piede libero per anni una persona potente che può inquinare anche il non inquinabile per il potere che lo avvolge.

Qualcuno mi ha consigliato di non procedere contro i poteri forti dello stato, qualcuno mi ha consigliato di non rischiare di legittimare questi poteri forti con una probabile assoluzione, qualcuno mi ha consigliato di dedicarmi a convegni e incontri sulla cultura della prevenzione, qualcuno mi ha consigliato di non allargare la frattura con la comunità della città dell’Aquila che mal volentieri vede queste azioni penali perché incomincia a sentirsi minacciata dalle indagini su parenti ed amici in qualche modo collegati alle responsabilità di chi poteva fare e non non ha fatto o comunque che mettono in evidenza anche la rimozione del fatto senza aver chiarito le motivazioni da parte di una intera città impegnata nella “ricostruzione”.

Anche io sono stato educato all’obbedienza e l’ottima educazione che mi è stata trasmessa dai genitori e dai vari maestri di vita più che di scuola ha generato in me accondiscendenza verso il modello dell’obbedienza liberandomi il più delle volte dalle responsabilità. Ora mi sento di non dover ubbidire. Nonostante i tanti consigli sento di dover scegliere di oppormi a questo atto della procura. La mia è stata una promessa in un momento ed in un posto ben preciso ed io mantengo le promesse costi quel che costi.



04 Febbraio 2013

Pier Paolo Visione  -  Dottore Commercialista e Revisore legale in L’Aquila

Categoria : Editoriale
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