Vivere da poveri, elemosinando i diritti – Pentirsi di essere rimasti italiani?


L’Aquila – Da una persona che si firma Rita (e avrebbe dovuto invece firmare per esteso e lasciarsi identificare, la sua condizione è di tante persone e non cè da vergognarsi) riceviamo e, nonostante l’anonimato, pubblichiamo, dato l’interesse quasi collettivo dell’argomento trattato: “A L’Aquila si dice “sopra lo cottu l’acqua bollente”. In famiglia siamo in tre: madre e due figli. Lavoro part-time ed ho uno stipendio mensile di € 630.
Campare con 630,00 euro al mese è una sfida terribile, ma con sacrifici e determinazione riesco a sbarcare il mensile.
Certo è un’impresa ardua e sono orgogliosa di riuscirci i: a casa vigono determinate regole che sono inviolabili da parte di ognuno di noi.
Non si spreca niente, si ricicla tutto e non solo per quanto riguarda l’alimentazione ed il vestire, ma
per ogni cosa a 360 gradi.
La nostra spazzatura è una bustina di roba e quando vedo persone con diverse buste stracolme mi
viene il voltastomaco.
I vestiti si rammendano, le scarpe si portano al calzolaio in riparazione, gli acquisti spesso li facciamo
al mercatino dell’usato dove portiamo anche quello che non utilizziamo più.
La spesa la si fa esclusivamente nei discount e per i prodotti in offerta. Tutto quello che è possibile
preparare a casa, anche se si risparmiano pochi cent, lo facciamo.
A cena fuori si va una volta al mese da Mc Donald.
La luce si accende in una sola camera e nel periodo invernale, quando le giornate sono più corte e la
temperatura più fredda, siamo tutti in cucina: i figli studiamo sullo stesso tavolo io provvedo alle
faccende domestiche. La tv è una e sta in cucina per le stesse motivazioni.
I piatti ed i panni si lavano a mano per non consumare corrente.
Il riscaldamento, quando stavamo nell’altra casa si apriva in una sola stanza e per pochissime ore al
giorno, mentre i letti sono stracolmi di coperte.
La doccia è contingentata.
C’è un massimo di spesa per ogni cosa: esempio gas, acqua, elettricità c’è un massimo di consumo per
ogni mese, e se in un mese si sballa bisogna recuperare il mese successivo, così come i chilometri con
l’utilitaria e la spesa giornaliera.
Certo è duro, molto duro, a volte mi sembra di stare, come mi raccontava mio padre, a fine guerra e
con le tessere per “accaparrarsi” la merce; ma con il mio stipendio non possiamo fare diversamente.
Accetto tutto con dignità e cerco di non lamentarmi mai, ma ora sbotto!
Sono nel progetto CASE e proprio per le mie ristrettezze economiche anche qui abbiamo rispettato le
regole della mia casa in tutto e per tutto. Il riscaldamento lo abbiamo acceso il minimo
indispensabile, a casa siamo tutti e tre con la tuta di felpa e l’inverno con molte coperte al letto.
Questi sacrifici, e garantisco che sono grandi sacrifici, li abbiamo fatti perché le nostre disponibilità
economiche sono ridotte al lumicino non lo abbiamo fatto per altri motivi.
Ora mi si dice che devo pagare non per il consumato, ma per la superficie occupata: quindi o stavo
con i termosifoni accesi giorno e notte con la casa a 30 gradi, o a “battere le brocchette” come lo
siamo stati noi avrei pagato la stessa cifra.
No sindaco a questo proprio non ci sto e non solo per non passare per stupida, ma perché non ho la
possibilità economica. Inutile dire pagherai in 18 – 24 – 36 mesi non ne ho la possibilità! Con il mio
stipendio e tre persone a casa non riuscirei mai a pagare quelle rate, e dato che questo lo so molto
bene, i sacrifici di cui sopra non li faccio per sport ma perché non ho altra alternativa.
No sindaco dovete passare sul mio cadavere.
Chiudo come ho iniziato. Sopra lo cottu l’acqua bollente”.
(Ndr) - Non sappiamo quanti anni ha questa Rita, ma possiamo garantirle che vive esattamente come si viveva 40 anni fa, andando dal sarto, dal calzolaio, non accendendo luci inutili, riciclando il cibo, non sprecando niente e così via. Andare a cena dal polpettaio americano è sicuramente già un lusso una volta al mese. Ma ai nostri tempi, non ci si andava (in pizzeria) neppure una volta al mese… Così hanno ridotto l’Italia, dopo averla presa per i fondelli lasciandole credere di essere un paese ricco. E oggi ci ritiriamo come la stoffa di una volta, o come la coperta troppo corta che – se la tiri su – ti lascia scoperti i piedi. Siamo dei poveracci che cadono dal cielo e si fanno male, perchè credevano di non esserlo. E oggi elemosinano persino i diritti elementari di ogni uomo, come il lavoro. O un progetto di avvenire. Un precipizio sociale, un tracollo di dignità e tanta voglia di non esserci, di non ritrovarsi italiani senza poter neppure emigrare come una volta.


28 Gennaio 2013

Categoria : Cronaca
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