La stanza dei bottoni è ripugnante
Le ire di Chiodi sulle candidature, le dimissioni di Sospiri, le invettive qua e là , i maldipancia (che dovrebbero essere molti di più) sull’emarginazione dell’Aquila e di Pescara (le città senza candidati del PdL), movimentano questa torrida vigilia del voto. Non sono scontri tra partiti, bensì guerre intestine nel partito che Berlusconi continua a ritenere possibile vincitore. Non sappiamo quanti con lui abbiano la medesima convinzione.
Tra le spaventose storture del meccanismo elettorale, che pretende di diventare balio barrocciaio e saccente, quella di far piovere candidati scelti a Roma nei territori ritenuti sicuri nidi di consensi pecorili, è la più offensiva. La stanza dei bottoni ripugna. Anche perchè il malvezzo lo hanno anche altri partiti, mica solo il PdL. Una volta in Abruzzo fu candidato ed eletto un tale Nieddu, sardo, che davvero non conosceva nemmeno chi lo volle (nella DC) imporre agli abruzzesi. I quali lo votarono e lo elessero, e non lo videro mai più. Oggi capita che una Bindi sia candidata in Calabria, o che un Quagliariello sia appiccicato sulle liste abruzzesi. Non è cambiato niente.
Se la politica e il legislatore non sono capaci, o non vogliono, cambiare niente, ci pensino gli elettori. Uno piovuto da fuori, imposto dai capi romani, non lo votino: semplice, no? E con lui, ovviamente, non votino il partito. Se le cose non le cambia Madama la Marchesa, può scombussolarle il popolo sovrano. Rendere il voto merce, strumento di attuazione di disegni politici, e non scelta di popolo, è inverecondo. Alziamo la matita (copiativa) nel seggio, e decidiamo sonoramente. Così imparano che, alla lunga, bisognerà pur realizzare che la democrazia è governo di popolo, e non di maneggioni romani, o bizantinismi fumosi per ghermire il potere.
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