Grandi rischi, perchè la condanna


L’Aquila – IL GIUDICE: NON SI PARLI DI PROCESSO ALLA SCIENZA – Due giorni prima del tempo, arrivano le motivazioni della sentenza di condanna a 6 anni ciascuno per i componenti della Commissione Grandi Rischi. Le ha completate e depositate il giudice Marco Billi, foto, che ha scritto e firmato 950 pagine. Alcuni elementi che motivano la severa condanna di primo grado (che è stata impugnata dai difensori, alcuni tra i migliori avvocati italiani) sono essenziali. Prima di tutto, nessuno parli di processo alla scienza. In secondo luogo, la condanna arriva perchè la Commissione rassicurò dopo la riunione del 31 marzo 2009, mentre L’Aquila – che tremava da mesi quasi ogni giorno – continuava a sussultare per scosse anche superiori al 4 Richter. In terzo luogo, delle vite umane potevano essere salvate. Le vittime furono invece 309, oltre a migliaia di feriti e a tante persone colpite nella psiche. Spesso indelebilmente.
Il giudice ribadisce che i terremoto sono imprevedibili (almeno allo stato attuale delle conoscenze scientifiche) e quindi non evitabili. A maggior ragione, agli scienziati spetta il compito di far sì che si diffonda una corretta informazione, che renda consapevoli tutti del rischio. Se nessuno può dire in quale giorno e a che ora arriverà una forte scossa, è preciso dovere fare in modo che la gente sia consapevole di ciò che può accadere. Che vi siano state, invece, delle rassicurazioni, è per il giudice, come per l’accusa, i pm D’Avolio e Picuti, foto, ampiamente dimostrato da una serie di elementi e persino dalle parole dell’allora assessore alla protezione civile Daniela Stati, che ringraziò gli scienziati e disse che “poteva andare a rassicurare” dopo aver ricevuto dati e informazioni.
Esiste, per il giudice, un “rischio come giudizio di valore”.
Nelle polemiche seguite al processo, la sentenza di condanna è stata interpretata, non sempre in buona fede, da molti mass media (superficiali e approssimativi) ma anche da parte del mondo scientifico, come condanna della scienza per non aver saputo prevedere un terremoto, che è per sua natura imprevedibile. Alcuni titoli, inesatti e sicuramente giornalisticamente scorretti, dicevano in sostanza “Condannati per non aver previsto il terremoto”. Una falsa affermazione, una ricerca dell’effetto sensazionale. Il contrario di come dovrebbero essere i titoli. Le motivazioni della sentenza chiudono il problema e fanno chiarezza.
Descrivendo il capitolo “sulla Commisurazione della pena”, il giudice evidenzia di aver tenuto in considerazione “la gravita’ del danno, che emerge con evidenza dall’apprezzabile numero di persone offese: 29 vittime decedute e 4 persone offese che hanno patito lesioni” e “il grado della colpa”. “L’esame dei molteplici profili di colpa evidenziati nella condotta degli imputati – scrive il giudice – consente di sostenere che, nel caso di specie, il grado della colpa e’ particolarmente elevato: la colpa degli imputati e’ certamente grave”.
“Ampia e netta, infatti – spiega il dottor Billi – e’ risultata la divaricazione tra la condotta in concreto tenuta e la regola precauzionale applicabile. L’attivita’ di previsione, prevenzione ed analisi del rischio e’ stata svolta in modo superficiale, approssimativo e generico, con affermazioni apodittiche ed autoreferenziali, del tutto inefficaci rispetto ai doveri normativamente imposti. La carente analisi del rischio sismico – afferma sempre il giudice – non si e’ limitata alla omessa considerazione di un singolo fattore ma alla sottovalutazione di molteplici indicatori di rischio e delle correlazioni esistenti tra tali indicatori. Dalla condotta colposa degli imputati e’ derivato un inequivoco effetto rassicurante. Gravi profili di colpa si ravvisano anche nell’adesione, consapevole e acritica, alla volonta’ del Capo del Dipartimento della Protezione Civile di fare una ‘operazione mediatica’ che si e’ concretizzata nell’eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la Commissione Grandi Rischi e la popolazione aquilana. Tale comunicazione diretta, favorita dall’autorevolezza della fonte, ha amplificato l’efficacia rassicurante del messaggio trasmesso, producendo effetti devastanti sulle abitudini cautelari tradizionalmente seguite dalle vittime ed incidendo profondamente sui processi motivazionali delle stesse. La gravita’ del reato, desumibile dal consistente numero di vittime e di persone offese e dall’elevato grado della colpa, consente di ritenere equa, nel calcolo sanzionatorio, una pena base pari a quattro anni di reclusione”.
“La scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 non e’ stato evento anormale, eccezionale, atipico ne’ in termini assoluti, poiche’ ogni anno si verificano mediamente 120 terremoti di pari intensita’; ne’ in relazione alla storia sismica di L’Aquila, che registrava nel 1349, nel 1461, nel 1703 tre eventi con intensita’ pari o superiore; ne’ in relazione al periodo medio di ritorno, quantificabile tra 325 e 475 anni; ne’ in relazione alla classificazione sismica e alle caratteristiche sismogenetiche dell’aquilano”. E’ una delle considerazioni del giudice Marco Billi nelle sue motivazioni di condanna, che oggi sono state sintetizzate e riportate da tutti i mass media nazionali e internazionali.


18 Gennaio 2013

Categoria : Cronaca
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