L’Aquila, città irriconoscibile e rischiosa
Tutto deriva dal terremoto? Così, sbrigativamente, si tende a spiegare il profondo degrado di una città che non conosceva se non ladruncoli, piccoli spacciatori, qualche turbolenza da movida, e corruzione politica, quest’ultima tuttavia comune a quasi ogni altra realtà di un paese – l’Italia – disonesto e privo di etica.
Sicuramente il terremoto e ciò che è arrivato dopo (migliaia di presenze estranee non sempre esemplari) sono una delle cause. Il fenomeno è però ben più preoccupante, se inquadrato nella quotidianità e – oggi – anche nel sangue di un duplice delitto avvenuto tra la gente: i passanti potevano essere coinvolti. Violenza sul palcoscenico. La città tranquilla, solo un po’ beona e nottambula di pochi anni fa, è diventata una jungla temibile, una contrada smisurata di saccheggi, furti, aggressioni, prepotenze, una pista per scorrerie di trucidi e loschi figuri, tanto che è sconsigliabile frequentare certi luoghi e certi locali. La violenza prevale, l’intolleranza è la regola, persino muoversi nel gelatinoso traffico delle poche strade percorribili può essere rischioso. Trovi sempre, falcimente, il prepotente, l’aggressivo, il minaccioso. Il tessuto sociale si è strappato, dopo essersi a lungo liso. Oggi si arriva a sparare nel piazzale di un supermercato. Stranieri? Non è una giustificazione: sono tra noi, sono parte della collettività , dunque sono la città . Ben più autorevoli dovrebbero essere le autorità , perdonate la cacofonia. Ben meglio tenuta a bada dovrebbe essere la città , notte e giorno. Ben differenti dovrebbero essere le misure contro il diffondersi a tappeto di malefatte, intrusioni, rapine, prepotenze, violazioni dei diritti più essenziali. L’Aquila muore economicamente, ma anche socialmente. Un allarme che nessuno ha mai dato, e che invece è urgente, richiede azioni e specialisti, più che noiose chiacchiere attorno a tavoli inutili. Dopo aver sproloquiato i sapienti, gli esperti, i cervelloni risalgono sull’auto blu e spariscono. In città resta la gente, che ormai è impaurita e depressa.
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