Un pomeriggio di ordinaria follia
L’Aquila – (di Gianfranco Giustizieri, foto) – CITTA’ SEMPRE PIU’ SGRADEVOLE E OSTILE, SIAMO CONFUSI E UMILIATI – Mattinata di fine ottobre 2012. Sono in piazza Duomo alla ricerca di giornate perdute quando un mercato multicolore riempiva l’aria di suoni e profumi. Era ciò che più amavo di questa città, poi più nulla, solo silenzio, solitudine, rovine.
Torno a casa, la mia casa in periferia, circondata dai prati con i suoi colori autunnali, le foglie ammucchiate dal vento lungo la strada, il giardino lambito da pallidi raggi solari con il ricordo di un’altra estate che vola via.
Un rumore di macchina in arrivo, uno sguardo dalla finestra, il suono del campanello: la posta.
Il trillo prolungato annuncia la richiesta di una firma, non attendo raccomandate personali, un lampo di pensiero: quali novità? Scendo in fretta ed il sorriso quasi complice della ragazza mi svela prima delle parole un messaggio non gradito già consegnato a tanti altri destinatari: tasse da pagare.
Firmo con la consapevolezza di un dovere a cui rispondere, tre cartelle di Equitalia e due bollettini del Comune sono davanti ai miei occhi. Scorro velocemente quasi con il desiderio di respingere, ma le Tarsu degli anni 2009, 2010, 2011, 2012, ( tre cartelle di Equitalia per i primi due anni, due bollettini del Comune per le ultime annualità) sono davanti ai miei occhi. Strano come gli acronimi regolano la nostra vita, progetto Case, Tarsu, Imu, Irpef… sempre sigle quasi misteriose dagli oscuri richiami.
Senza riflessione, con la voglia di fare e dimenticare, non avere problemi, esaudire le richieste di un’amministrazione lenta ma forse giusta, rispondo al dovere di essere cittadino e le ricevute di pagamento vanno nell’archivio di famiglia…..
Fredda mattina di gennaio. Ormai l’inverno ha reso più sola la città. Ho diradato le mie uscite al centro, il silenzio nel freddo pungente diviene angoscia.
Altro squillo del campanello, altro sorriso della postina, altro bollettino comunale, ripetizione dell’acronimo: Tarsu 2009, 2010. Una nuova particolarità: il bollettino riporta la mancata dichiarazione dei riferimenti catastali, da comunicare immediatamente. La memoria torna ad ottobre, alla tranquillità della coscienza, poi un lampo di luce al febbraio 2011, ad una dichiarazione consegnata per dati catastali rinnovati, all’orgoglio di essere un cittadino a pieno titolo.
Ho letto le polemiche sui giornali, la confusione di tasse ridotte, il 60% detratto, i diritti ed i doveri, le delibere comunali e le leggi, la maggioranza e l’opposizione, ma ormai avevo pagato ed archiviato!
Non capisco: tutto diviene tremendamente oscuro, da ripagare per un acronimo che ritenevo esaurito, da riportare dati già consegnati (le cartelle di Equitalia li indicavano esattamente); non un accenno di chiarezza, di esemplificazione, solo richiesta tassativa e minaccia di un fatidico trapasso dei sessanta giorni.
Decido di andare al Comune per sapere, per capire, per essere un cittadino cosciente.
Folla enorme in sala d’attesa, saluti incrociati con chi si conosce, scambi di parole e di pareri, “anche tu per…”, voci e commenti, insulti e pazienza. Le lancette dell’orologio segnano l’orario di ricevimento, le porte si aprono, una massa umana spinge frenetica, soffoca, comprime, schiaccia: corrono i più giovani, più lenta la terza età, indietro alcune anziane signore.
L’unica macchinetta elimina code non è chiaro a cosa serva: no, non è per quel servizio, ma per l’altro, ma quale? A fatica individuo la stanza di riferimento, immediatamente si riempie di persone, nessun ordine, gran confusione, decine di domande si sovrappongono, l’unico impiegato del pomeriggio si trova assediato, circondato, frastornato, poi si rivelerà un giovane precario preparato.
Richiedo a gran voce rispetto, richiamo diritti di privacy, invito ad uscire, finalmente un po’ di ordine si pone. Attendo il mio turno, espongo il mio caso, si recuperano al computer i dati perduti, ottengo parziali risposte, per altro si deve attendere, l’Amministrazione non ha risposte, l’Assessore ha già comunicato che si dovrà chiarire, si dovrà tornare.
Ora ho una certezza, di essere un cittadino, umiliato, confuso, frastornato.
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