“Università , quanta propaganda…”
L’Aquila – Scrive il prof. Sergio Tiberti, (foto), docente all’Università dell’Aquila: “Ennesimo comunicato trionfalistico dell’ufficio propaganda dell’Università dell’Aquila. Perché di propaganda si tratta, non di comunicazione. Fiutando la nomina politica o il riciclo di prestigio in altre amministrazioni pubbliche, il bis prorogato rettore Di Orio dichiara qualsiasi cosa pur di accreditarsi come manager virtuoso agli occhi dei politici che contano. E inventa la panzana dell’Ateneo che assume in controtendenza. Notizia di facile presa giornalistica, ma purtroppo basata su un equivoco. Le assunzioni fatte riguardano concorsi da ricercatore che l’Università aveva bandito da più di due anni, i cui vincitori sono rimasti al palo per lunghissimo tempo e sono stati costretti a minacciare le vie legali per vedere riconosciute le loro sacrosante ragioni. Altro che virtuosità : è successo che l’Università aveva messo a bando più posti di quelli che si poteva permettere se avesse avuto un’amministrazione attenta e oculata, ed è stata poi costretta per due anni a rimangiarsi l’impegno ad assumere i relativi vincitori di concorso. Nel momento in cui i parametri sono rientrati nel limite a seguito delle modifiche ministeriali, grazie anche al fatto che l’accordo post-terremoto mantiene fisso il fondo di funzionamento ordinario solo per L’Aquila (con grandi polemiche ad es. di Teramo e Chieti) e ai numerosi pensionamenti di professori ordinari, è stato possibile onorare gli impegni assunti, con tante scuse ai vincitori di concorso tenuti per due anni senza stipendio. Ma lo stato delle finanze dell’Ateneo rimane disastroso, e si annunciano tempi bui per quanti aspirano nei prossimi anni ad avere qualche riconoscimento di carriera: la previsione attuale è di zero posti per i prossimi 4-5 anni. Questo, per Di Orio, significa essere in controtendenza”.
Ndr – A quanto rileva con ironia il prof. Tiberti, bisogna aggiungere che l’Università ha, negli anni scorso, “prodotto” numerosi dottori di ricerca (ricercatori i cui studi durano 3 anni e vengono pagati con denaro pubblico), senza mai utilizzarli: merce a perdere, accantonata, gettata nel ripostiglio delle cose da rottamare, quindi disoccupati. Bisogna chiedersi perchè si “producano” ricercatori facendoli pagare dallo Stato, quando si sa perfettamente di non poterli o volerli poi assorbire. Salvo poi assorbirne altri. Figli e figliastri, fortunati e sfortunati sul palcoscenico di un’Italia sgangherata, e di un mondo universitario in cui il valore e la professionalità non sono certo gli elementi decisivi, diciamo.
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