Le aree di risulta, tesoro inutile
Quante città italiane hanno la fortuna di ritrovarsi nel proprio cuore un’area immensa, da utilizzare per la collettività , un tesoro inestimabile? Nessuna, capita solo a Pescara. L’acquisizione delle cosiddette aree di risulta (uno spazio enorme di fronte alla stazione, che più centro di così non può essere) risale a quasi tre decenni orsono. Fu un’operazione difficile portata a termine grazie all’iniziativa di quell’ottimo politico abruzzese che fu il socialista Domenico Susi, allora sottosegretario alle finanze. Da allora, Pescara non ha saputo cosa fare di quella ricchezza immensa. Si ricorda uno spettacolare e costosissimo concerto di Sting. Nient’altro, se non rifiuti, mercati clandestini e – recentemente – almeno un parcheggio.
Ora la politica torna a rimuginare sull’argomento e, in modo sconcertante, parla di riflessione e di attenzione alle aree di risulta. E’ tutto quello che una città fiorente, luminosa ma non dotata di politici di altrettanto pregio (tutti, sempre, nel corso di decenni interi) sa fare. Sconfortante. Desolante. Mille magnifiche cose potrebbero esser fatte nelle aree di risulta, tutte intelligenti e per i cittadini: verde, cultura, spazi di svago, luoghi di mostre e divertimento, e chi più ne ha, più ne metta. Ogni idea sarebbe meglio dello squallido nulla attuale. Un parcheggio, va bene, potrebbe starci anche quello. Ma dopo trent’anni sentire ancora la domanda “Cosa possiamo farne?” fa semplicemente piangere.
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