Tagli Carispaq, indifferenza e silenzi
L’Aquila – Il segretario generale Cgil L’Aquila Umberto Trasatti e il segretario Fisac Fabrizo Petrolino scrivono: “Con oltre 400 dipendenti la Carispaq rappresenta, dal punto di vista occupazionale, una delle aziende più importanti per L’Aquila e il suo territorio. A partire dalla seconda metà del 2012 è stato avviato un pesante piano di ristrutturazione, dovuto all’incorporazione dell’istituto nella Banca Popolare dell’Emilia Romagna, che si concretizzerà nei mesi a venire con il taglio di decine di posti di lavoro, realizzato attraverso pensionamenti senza reintegro e trasferimenti di personale fuori regione.
Nonostante si tratti di posti di lavoro che il nostro territorio perderà in modo irreversibile, l’intero processo sta avvenendo nell’assoluta indifferenza della città e delle istituzioni. E’ nostra opinione che la mobilità territoriale dei lavoratori sia del tutto immotivata, in quanto la soluzione ideale è rappresentata dal decentramento di lavorazioni attualmente effettuate presso la Capogruppo, evitando così di privare di ulteriori opportunità lavorative un territorio che tanto fatica a risollevarsi.
Per questo siamo impegnati quotidianamente (come in altre vertenze aperte nel territorio) per la salvaguardia dei livelli occupazionali, e nel caso specifico per garantire un alto livello di servizio peculiare, quello del credito, in un momento così delicato per il nostro territorio. Chiediamo quindi alle istituzioni locali e alle forze politiche una condivisione di questa battaglia, necessaria per evitare l’ennesimo schiaffo alla nostra città ”.
Ndr – A L’Aquila ormai quasi tutto avviene tra indifferenza e silenzi,specie da parte della politica, che ha preso l’abitudine di tenere la bocca non chiusa, ma serrata. Il caso più recente a quello del licenziamento di 40 precari da parte della Provincia, sul quale la politica si è distinta per il nsuo mutismo caparbio. Il lavoro e l’occupazione non interessano la politica, evidentemente: i cittadini sanno quale dovrà essere la risposta nelle ormai vicinissime elezioni. O serve qualche altra “lezione”?
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