Lodovico, un compagno di notizia
L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – Per anni, come vuole il mestiere, ad ogni fattaccio o processo, ma anche alla rituale inaugurazione degli anni giudiziari, ci siamo ritrovati e incontrati, compagni di notizia. Lui per la Rai, chi scrive per l’Agenzia Italia. Nessun’altra, o pochissime, occasioni di incontro per due chiacchiere o una risata. Per i giornalisti è obbligatorio esserci solo quando da qualche parte si è manifestato il male, e qualcuno soffre.
Chi ha scelto, o ha avuto la fortuna (punti di vista) di raccontare ciò che accade, sa che difficilmente ci si incontra a cena o per fare soltanto due passi spensierati.
A cena ci imbattemmo, una volta, con Lodovico Petrarca, in una trattoria a Popoli, nota per i suoi gamberi e le sue trote. Eravamo in una comitiva. Lodovico era solo ad un tavolo, di ritorno verso Pescara da un servizio chi sa dove. Lo invitammo, naturalmente, a far parte della comitiva, che era lì solo per i gamberi. Sorrise (aveva qualcosa di volpino e furbo nello sguardo) e gentile rifiutò l’invito. Poco dopo salutando con la mano se ne andò. Non amava, forse, i gruppi numerosi, le riunioni a voce alta, le stupidaggini che fatalmente qualcuno dice tanto per far ridere.
O forse temeva che si finisse per parlare di Rai, di televisione e di giornalismo, mettendo sempre sotto accusa chi per lavoro racconta la vita. E’ un mestiere sotto accusa, il nostro, che sempre qualcuno pretende di saper fare meglio, anche se vende salami o finge di lavorare dietro una scrivania. Un po’ come per il calcio: tutti esperti, tutti allenatori, tutti atleti. Con arroganza.
Dopo quell’incontro a Popoli, Lodovico lo abbiamo rivisto poche altre volte, l’ultima appena dopo il terremoto a L’Aquila: lui premuroso ed efficiente in veste di sindacalista. Ora ha preso il taccuino, lo ha chiuso, ha riposto la penna nel taschino e ci ha salutati tutti, con un gesto della mano e gli occhialini sulla punta del naso (lungo). Malinconico commiato, specialmente quando ad andarsene è una persona per bene, un giornalista educato e preparato in un mondo di voci troppo alte e berci scomposti. Altri tempi? Sì, certo, e da rammentare con qualche rimpianto. No, non perchè eravamo tutti più giovani, ma perchè erano migliori. Semplicemente meno grossolani, fasulli e rumorosi. E, come diceva Lodovico, perchè un giornalista – allora – “aveva letto qualche libro” prima di scrivere per mestiere.
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