Pagamenti, è finita (?) la pacchia


L’Aquila – L’ITALIA CHE CAMBIA E CERCA DI ESSERE MIGLIORE – (di G.Col.) – (Immagine positanonews.it) – Dal 1 gennaio bisogna pagare i lavori pubblici entro 30 giorni, o comunque entro termini rigorosamente fissati per legge. Se vivessimo in uno Stato credibile, dovremmo dire che è finita la pacchia. Restano dubbi: sarà davvero così, o è una delle solite leggi che fingono rigore e rettitudine, invece si rivelano una trappola per chi ci crede?
Dubbi del genere, in Italia, sono oltre che legittimi, anche opportuni. Da anni, forse decenni, assistiamo all’emanazione (di solito prima delle elezioni) di regole e norme che, lette, darebbero l’impressione alla gente di poter vivere in una collettività più seria e democratica. Ma, di fatto, non funzionano e non vengono applicate, grazie alla forza invincibile di quel potere massiccio e occulto che è la burocrazia. Quarto potere davvero, altro che la stampa…
La burocrazia non si sradica, non si spezza, non si sconfigge: alla fine vince sempre lei, paratana tenace. Perché con il potere, oltre ad essere contigua, è sodale e ambiguamente solidale.
Proprio oggi Il Messaggero nazionale ha rivelato i tempi dei pagamenti alle ditte di forniture medicali da parte di alcune regioni. L’Abruzzo impiega qualcosa come quasi 200 giorni. Il Trentino appena 90 giorni. Il dubbio è irrisolvibile: perchè in due regioni i tempi sono tanto profondamernte diversi?
Pagare i lavori ad un’impresa, da parte di un committente pubblico, in tempi accettabili, è essenziale per l’economia. Ci sono imprese, anche a L’Aquila per via del terremoto, che “avanzano” milioni. Imprese pur solide e ben ammanigliate tanto da ricevere ordini consistenti, che a causa di attese troppo snervanti, scricchiolano e alla fine, attapinate dal bisogno, reclamano ciò che è loro dovuto a voce alta. Talvolta ricorrendo al ricatto della riduzione forzata dell’occupazione. Facciamo l’esempio delle imprese perché è calzante, a L’Aquila e nel cratere, ma se ne potrebbero fare tanti. Nelle sue confidenze, un imprenditore aquilano storico (nel senso che ha lunghi anni di attività), ci ha sempre raccontato che ottenere i pagamenti è la cosa più difficile, anche concedendo spesso regalìe a funzionari e dirigenti.
Ciò che è normalmente dovuto, in forza di un contratto, di un rapporto legittimato da scartoffie, firme e timbri, slitta nel tempo anche di mesi oppure anni. Il groviglio da fossa dei serpenti che sta a monte, tra il potere centrale e la burocrazia periferica, ostacola e ferma tutto come una greve gelatina paralizzante. Talora, per ottenere una firma, solo una firma su un atto, si attendono tempi smisurati e non esiste motivazione logica, autentica: solo il ritardo come metodo, che fa allungare il collo e strangola chi ha anticipato denari e dei suoi pagamenti ha bisogno per sopravvivere. Diventando disponibile a qualsiasi compromesso o dazione, come si dice ormai in termini giudiziari. E’ sempre e ovunque così, dice l’imprenditore, che lavora anche fuori Abruzzo e assicura: quasi in ogni città o regione è la stessa musica. Alla fine, devi sborsare. Nomi, fatti e circostanze? Nemmeno sotto tortura, altrimenti, dice l’uomo, non lavorerei mai più.
Contro questo costume da terzo mondo, o da repubblica delle banane (che in fondo spesso siamo), questa stortura stomachevole che fa dell’Italia il paese “civile” che paga più tardi di qualunque altro in Europa, sono arrivate delle nuove regole, che scattano – appunto – da questo gennaio.
Da cittadini, ci auguriamo che funzionino davvero. Dalle imprese, dalle organizzazioni, dalle rappresentanze di categoria, non si sente una parola: scettici, presumibilmente, aspettano al varco lo Stato e le istituzioni. Per capire se davvero qualcosa stia cominciando a cambiare. Con i benefici del dubbio, del sano scetticismo maestro di vita. Di credere sulla parola tutti hanno smesso da tempo. L’Italia non dà fiducia, non la merita. Troppo sputtanata. Ma anche le peggiori peccatrici possono redimersi: l’apostasia è difficile, ma possibile.


05 Gennaio 2013

Categoria : Cronaca
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