“Assolto, rimani sempre un carcerato”


L’Aquila – Giulio Petrilli, al quale è stato ripetutamente negato un risarcimento da ingiusta detenzione, ha deciso di sospendere lo sciopero della sete, e di proseguire quello della fame. La mia, scrive Petrilli,è una protesta per una profonda ingiustizia non solo verso di me, ma anche verso tantissime altre persone, che dopo il carcere ingiusto non vengono risarcite. Il principio che passa è che dopo essere stato arrestato, anche se poi vieni assolto, rimani per sempre il carcerato. Dopo cinque giorni sospendo lo sciopero della sete, in quanto le condizioni fisiche non consentono ulteriormente di andare avanti, ma proseguo lo sciopero della fame per protestare contro l’ordinanza della corte d’appello di Milano che nel giugno scorso ha rigettato la mia istanza per il risarcimento per ingiusta detenzione , adducendo il motivo che frequentando ambienti politici dell’antagonismo ho tratto in inganno gli inquirenti.
Ho scontato dal dicembre 1980 sei anni di carcere per il reato di partecipazione a banda armata con funzioni organizzative (Prima Linea), per poi essere assolto in appello nel 1986. La sentenza definitiva di assoluzione in cassazione è del 1989.
Questa mia protesta, non riguarda solo il mio caso ma tantissimi altri.
Oggi solo a un terzo delle persone assolte dopo un periodo detentivo viene riconosciuto il risarcimento.
All’incirca su tremila domande annue solo ottocento vengono accolte, per gli altri, come nel mio caso c’è il rigetto.
Questo perché nella legge sul risarcimento c’è un comma, che stabilisce che una persona anche se è stata assolta, ma con il suo comportamento ha tratto in inganno gli inquirenti non va risarcita.
Questo vuol dire, che chi assolto dopo la carcerazione preventiva, ma viveva in quartieri pieni di pregiudicati e magari li frequentava, o semplicemente li conosceva, non va risarcito.
Chi assolto per il reato di eversione, ma conosceva persone dell’area dell’antagonismo ugualmente non va risarcito.
Questo mio sciopero della fame prosegue per abolire proprio questo comma, il n. 1 dell’articolo 314 del codice procedura penale, che prevede che anche in caso di assoluzione, ma una persona ha avuto comportamenti non idonei non va risarcita.
Non si valutano più le sentenze assolutorie, ma si dà una valutazione sulle frequentazioni delle persone”


04 Gennaio 2013

Categoria : Cronaca
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