Politica: dignità e rispetto dei cittadini


L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – (Immagini poesiarte.it e corsiadeiservi.it) – Il premier dimissionario Monti sale (o scende, o entra) nella politica partitica, quella che evidentemente gli piace di più di ogni tecnicismo, promettendo un taglio delle tasse nel 2013. Lui che ha guidato un governo che di tasse si è nutrito, fino a strangolare gli italiani… Un controsenso clamoroso, e nel contempo un’ovvia manovra per contrastare le furie antifiscali di Berlusconi. Il quale, per lo meno, a suo tempo alcune tasse le tagliò davvero, danneggiando l’economia italiana, ma sicuramente rendendo felici i cittadini garruli e spendaccioni come cicale. E poi finiti con le toppe nei pantaloni. La politica dovrebbe vivere all’insegna della dignità e della coerenza, non solo di slogan elettorali che, non lo hanno capito, non incantano più nessuno.
Già, dignità e rispetto dei cittadini. Può un presidente (Del Corvo) dimettersi per tentare la scalata al Parlamento, lasciando a piedi i cittadini (e disoccupati a decine) che lo hanno eletto preferendolo alla Pezzopane (e fu un risultato clamoroso), e anche il suo partito? Può un politico di peso voltare gabbana? Secondo il capo del PdL, Filippo Piccone, non può. E scusate se è poco il fatto che lo dica lui.
Chi ha debito verso il popolo sovrano ed elettore, per essersi messo in gara con un’insegna politica, deve restare dove la gente lo ha conosciuto e nell’area in cui ha chiesto i voti. Altrimenti, per valide ragioni, deve e può dimettersi, ma per tornare semplicemente a casa. Questo dovrebbero imporre le regole e anche le leggi, se vivessimo in un paese autenticamente e sinceramente democratico. Democrazia, governo di popolo: ma qui il popolo conta solo quando è da corteggiare per chiederne il consenso. Poi, liberi tutti.
A Pescara, un consigliere comunale lascia il PdL ed entra nel FLI, nella procellosa vicenda politica che sta minando di giorno in giorno la giunta Mascia. Giustamente, Lorenzo Sospiri lo ammonisce e gli ricorda che, eletto nel PdL, a quel partito deve fedeltà, ai suoi elettori deve lealtà. Se è stanco, vada a casa, ma si dimetta da consigliere comunale. Più che lineare. Quel consigliere ondivago certo non si dimetterà: non lo fa mai nessuno, e a saltare come la quaglia di qua e di là sono da sempre in tanti, nei partiti, specie nel centrodestra. Perché dovrebbe ora farlo lui?
La politica fu ed è carriera, professione per molti, troppi personaggi che, se ne fossero privati o allontanati, non avrebbero altro da fare. Spesso, oltre che carriera, è anche scalata al benessere, condivisione del potere, autopromozione ed esaltazione. Da nulla alla stanza dei bottoni. Capaci o – più spesso – incapaci. Quanti dovrebbero non solo uscirne, ma anzi non esserci mai entrati!
I partiti siano seri, comincino dall’Abruzzo, cambino davvero, nobilitino la loro appannata o scomparsa reputazione: fissino delle regole. Se tu fai il salto della quaglia, non solo ti caccio per sempre, ma nessuno si accetterà altrove. Sarai fuori dal diritto di partecipare alle elezioni. Ti rifiuteranno gli abbandonati , ma anche coloro che vorresti raggiungere. In una parola, la politica partorisca una legge semplice e trasparente: chi lascia, ha diritto di farlo, ma non più il diritto di ricandidarsi o assumere cariche e responsabilità, o prebende, per almeno cinque anni. Sarebbe una forte e leale prova di correttezza verso i cittadini, perché non è solo tagliandosi gli stipendi (i parlamentari a chiacchiere e bugie) che si dimostra un’evoluzione. Anche spazzando via grilli per la testa, ambizioni opportunistiche, bassi profili e meschinerie, assalto ai posti di potere senza la minima idealità e cultura politica. Altro che politici al servizio del bene e dello Stato…
Solo e soltanto, sempre, a servizio di se stessi. Quasi per diritto divino. Quasi che essere eletti significhi salire in serpa e non discenderne mai più. Che stortura da basso impero.


02 Gennaio 2013

Categoria : Politica
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