Ecco l’Abruzzo dei “botti, non grazie”
Fanno a gara i sindaci abruzzesi nell’esibizione del divieto. Quello di sparare botti a Capodanno. Primeggiano i sindaci di Roseto, Montesilvano, Teramo, e si accoda la sera del 29 anche quello dell’Aquila. Non si esclude che altri emettano l’ordinanza che in sostanza dice “botti? No grazie”.
Sparare divieti quasi a Capodanno è come gridare aiuto quando già si è quasi annegati. Un po’ tardi i solerti amministratori si sono accorti che l’anno finiva e le piccole guerre di mezzanotte incombevano. Hanno dato tutto il tempo a produttori, fornitori clandestini, trafficanti di esplosivi, rivenduglioli improvvisati, furbi e furbetti dell’ordigno, di fare i loro affari, e alla estesa clientela di fare acquisti. Magari se ci si fosse pensato a ottobre, sarebbe stato meglio. Ma chiedere ad un sindaco, un amministratore, di agire con logica e razionalità , è evidentemente pretendere troppo.
Si agisce sempre sull’onda o per input di qualcuno o qualcosa, e copiando gli altri. Inoltre, nessuno di questi valenti sindaci spiega come farà a dislocare occhiuti vigilanti, rigorosi servitori dell’ordine, armigeri e alabardieri catafratti, nelle vaste estensioni delle città , che ormai anche quando sono piccole, sono estese. Un vero terno al lotto sarebbe capire, soprattutto, come faranno a L’Aquila a controllare la città “normale” (quel che ne resta) ma soprattutto le già grandi periferie pre-esistenti e le 19 nuove costruite dopo l’aprile 2009. Un esercito non basterebbe. Figuriamoci i quattro vigili che ci sono e le poche pattuglie che operano. I botti, ovviamente, ci saranno e lampeggeranno anche sul livido paesaggio della città morta, rovine e silenzio, gatti e cani randagi, topi e pantegane irsute. Un’altra volta si sarà dimostrato che importante è vietare, disporre, ordinare, ostentare rigore e serietà . E un po’ di muscoli. Quanto ai risultati, poco importa.
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