I satrapi di Roma sempre in arcione

Trincerati nei loro linguaggi astrusi ed eleusini, i politici italiani – ora che ci si prepara al voto di febbraio 2013 – appaiono ancora una volta solo ruggibondi e vuoti. Almeno la maggior parte di loro, specie quei vecchi tinti e ritinti che sgomitano per farsi largo. Per restare in arcione. Ancora una volta. Alzano polvere, promettono l’impossibile, starnazzano nei cortili mal frequentati dell’oratoria a buon mercato, ormai relegata solo in tv.
Dagli americani hanno imparato percentuali e gradimenti, ma soprattutto che le elezioni si vincono o si perdono soltanto in televisione. E nient’altro. Il metodo, il sistema americano (che è sicuramente un esempio di democrazia, sia pure di democrazia ricca e grassa in quanto vietata a chi non ha denaro abbondante) è tutt’altra cosa. Lì le bugie si pagano, anche se sono perdonabili come quelle che farfugliò il clarinettista Clinton, reo di aver ceduto alle prosperose grazie di una tale stagista dal sorriso e dalle labbra accoglienti. Qui è ben peggio, anche sotto il profilo della mignottocrazia, come l’ha chiamata Paolo Guzzanti nel suo libro…
Tra le tante falsità che hanno dato ormai anedonia agli italiani, stanchi e delusi, la più sfrontata è stata non aver ridotto il numero dei parlamentari e i loro stipendi. Metà parlamentarti a metà stipendio, è lo slogan dei candidati al Parlamento che verrà. E’ il bisogno di emendarsi e di fari perdonare le bischerate del Parlamento che se ne va. Le falsità e gli inganni. I tranelli tesi persino ai consigli regionali, indotti a sfoltire, come ha fatto quello abruzzese. Che magari i suoi stipendi da satrapo se li tiene quasi intatti, ma almeno ha ridotto i consiglieri di parecchio. Presi in giro, in fondo, anche loro dai corsari di Roma, dagli invincibili capibastone che non hanno tagliato (a se stessi) nulla di nulla. Quelli che ora ci chiedono il voto per restare pingui e ricchi, non sempre legittimamente. Daremo loro l’ennesima, sfinita fiducia?