L’Aquila, non sono elezioni come le altre
L’Aquila – (di G.Col.) – Il metodo dei reggitori della politica, che abbia un colore oppure un altro, si sta manifestando in questi giorni (con la febbre già alta), come se non fossero trascorsi gli anni e non avessimo subito la tempesta storica, profonda, insanabile, del sisma. Come se tutto fosse come sempre. La lezione disperata e sferzante dell’elettorato, con una massiccia astensione dalle urne nelle ultime consultazioni, non politiche ma ugualmente significative, pare non essere stata assimilata. Anzi, pare che taluni scalpitanti capi e capetti non se ne siano accorti. Cecità intellettuale, o protervia nel voler imporre il “loro” metodo inossidabile? Sono minorati o solo furbetti? Forse sono solo disperati e non sanno cosa fare.
La patetica ridda di indiscrezioni soffiate o anche ordinate a chi accetta di raccoglierle (capita anche a noi, ma le lasciamo cadere) è tornata su alcuni mass media. L’indiscrezione regna sovrana, i pastoni politici sulle candidature sono come si usava sui giornali negli anni Settanta. Nomi, presunte sorprese, oppure opportuni silenzi su chi ha maggiore ascendente e preferisce star fuori dalla mischia. Per colpire a suo lucro nel momento opportuno, senza avversari e intoppi lungo la strada.
Ambizioni elettorali, presunzioni vere e proprie in taluni casi, non significano rinnovamento, ma solo ritorno al passato. Riproposizione del passato, cementificazione di taluni poteri che durano da vent’anni o anche più. Ci sono persino casi strepitosi, come la persistenza di quel vecchio galantuomo di Marini, che pare l’abbia spuntata: sarà candidato.
Alcuni fingono pudore, e concludono le loro soffiate interessate e mirate dicendo: “Ma alla fine deciderà il partito”. Una frase di parademocrazia tanto fasulla, quanto improponibile, visto che sono in atto lotte al coltello per scalzare ed eliminare questo e quello, e restare alla fine padroni. Sta accadendo soprattutto nel PD, perché conta di più da queste parti, in quanto il PdL sembra liquefatto e sfinito. Come inebetito. La stessa cosa che avvenne quando si elesse il sindaco a L’Aquila. In pratica, il PdL non c’era: non lo avevano informato che si votava?
E’ inutile, oltre che antistorico e antipolitico, sgomitare per conquistarsi una poltroncina elettorale, se non si tiene conto dell’assenteismo enorme, unico e forte messaggio del popolo sovrano. Dunque è anche inutile tentare di riproporre quadri e situazioni del passato. L’Aquila ha enormi problemi, che stanno crescendo anziché ridursi. La batosta delle tasse, il Gran Sasso allo sfacelo, e così via: se ne parla ogni giorno, lasciamo andare le ripetizioni. Il Governo che aveva arraffato tutto e ora si dilegua. I sindaci nelle paludi dell’impossibile, i soldi che tutti dicono pronti, ma non si vedono. La città che continua a morire ogni giorno, a disfarsi, a dimagrire. A svanire.
Chi vuole candidarsi, giuri che farà delle cose, dica quali, quando e come, e aggiunga: se non ci riuscirò, mi dimetterò. Altro che “mi sento ancora utile”. A chi? A cosa? Se la politica vuole conquistare fiducia, faccia dei patti e li sottoscriva. Rinunci a prebende e tornaconti, chieda solo di che vivere dignitosamente, per potersi dare meglio alla città e alla sua sventura. Chi ama davvero L’Aquila, si faccia avanti e giuri di esserle fedele, o di tornarsene a casa, se non si rivelerà capace.
Soffia forte un vento nuovo, capace di sradicare, ma in troppi sembrano inconsapevoli. O, purtroppo, lo sono veramente. Il popolo punta il dito verso la Luna, gli sciocchi guardano il dito, ma non la Luna. Peggio per noi non potrà essere, ma peggio per loro sicuramente sì.
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