Docenti distratti e assenti, l’ UDU dice alt: “Vogliamo un ateneo residenziale”
L’Aquila – VALANGA DI RICHIESTE PER RISIEDERE ALTROVE – IL REAME DOVE TUTTO E’ PERMESSO, SE HAI LE CONOSCENZE CHE CONTANO – Come si diventa ricercatori o docenti associati? Una domanda alla quale non si può dare risposta, perchè nessuno lo sa. O meglio, lo sanno coloro che sono ammessi al reame delle magnificenze di un mondo esclusivo, refrattario per chi ha le carte in regola. Infatti, non è detto (purtroppo legalmente) che un dottorato di ricerca pagato dallo Stato porti in cattedra. Mentre altri, più fortunati, ci arrivano senza dottorato. Come? Mistero.
L’Università è anche il regno delle guerre intestine, delle querele, delle feroci contrapposizioni. E, di recente, anche di qualche inchiestra. I fortunati però, si scopre, non hanno doveri: possono anche non starci. Risiedere comodamente altrove. E far aspettare gli studenti magari per una tesi di laurea che tarda ad arrivare. Tutto legale, s’intende, perchè spesso i privilegi di fatto sono previsti per legge!
Quando, magari, ad un povero insegnante di periferia di richiede di risiedere, anche con arroganza. Italia, paese degli eterni due pesi e due misure.
Con coraggio l’UDU, Unione degli Universitari, finalmente diciamo anche, solleva il coperchio di una pentola che scotta. E rivela dati eloquenti, che richiedono un deciso di cambio di rotta, un netto taglio ai favoritismi e ai comodi ottenuti… per autorevolezza o contiguità con chi conta. “Il 35% dei docenti risiede “fuori sede”, quasi il 50% tra i professori ordinari e la maggioranza dei docenti negli organi di governo. Basta autorizzazioni senza vera eccezionalità, serve un Ateneo Residenziale sia per i docenti che per gli studenti per garantire qualità e sviluppo del territorio.” Al Senato Accademico di oggi ben 197 sono state le richieste di autorizzazione a risiedere fuori sede da parte di professori e ricercatori, circa il 35% dell’intero corpo docente.
Ricordiamo che la legge 311/58 specifica chiaramente che “I professori hanno l’obbligo di
risiedere stabilmente nella sede dell’Università od istituto cui appartengono. In casi del tutto
eccezionali, i professori possono, tuttavia, essere autorizzati dal Ministro per la pubblica
istruzione, su proposta del rettore o direttore, udito il Senato Accademico, a risiedere in località
prossima, ove ciò sia conciliabile col pieno e regolare adempimento dei loro doveri di ufficio”.
A noi non sfugge affatto che tra i richiedenti ci sono in realtà docenti, peraltro non più di una
ventina, che risiedono in realtà in comuni limitrofi all’Aquila e anzi ci pare incredibile che non si
sia ancora costruito un’interpretazione inerente il concetto di “sede” ai fini delle autorizzazioni
stesse, come peraltro altri Atenei hanno fatto negli anni, che permetta di distinguere tra i pochi
docenti che sono “fuori sede” solo formalmente, ma che in realtà sono residenti in comuni
limitrofi (Scoppito, Pizzoli, Lucoli, San Demetrio, Poggio Picenze e simili) e i tantissimi che
risiedono sostanzialmente fuori sede.
La gran parte di questi docenti peraltro reitera la domanda di autorizzazione da anni e anni,
da ben prima del sisma, senza alcuna caratteristica di eccezionalità, e parecchi degli stessi
dichiarano come luoghi di residenza comuni talmente distanti da non poter essere considerati in
nessun modo “prossimi” all’Aquila.
Questo tema per noi non è solo un tema “formale”, ma attiene anche alla qualità
dell’organizzazione didattica e all’ottimizzazione dell’uso delle strutture.
In particolare l’enorme numero di docenti fuori sede e pendolari, provoca, come tutti gli studenti
sanno, diffusi fenomeni di concentrazione delle lezioni, degli esami e una bassa ottimizzazione
nell’uso delle sedi. E’ infatti frequente ritrovarsi con giorni in cui è impossibile trovare un’aula
libera, tanto da far ritenere sempre insufficienti le sedi a disposizione, e giorni in cui invece
le aule risultano ampiamente sottoutilizzate. Inoltre questa diffusione del fenomeno provoca
evidenti difficoltà nelle attività di tutorato e di ricevimento verso gli studenti.
C’è poi una valutazione strategica che riguarda l’Ateneo dell’Aquila, spesso “vittima” di
massicce, non sporadiche, aspirazioni dei docenti a trasferirsi in altre sedi, per lo più Roma.
Ovviamente queste aspirazioni sono legittime, ma è la grandezza del numero che rende le
potenzialità delle strategie di sviluppo dell’Ateneo, di investimento nella qualità e il grado
complessivo di attaccamento al futuro dell’Ateneo aquilano su livelli non ottimali.
La normativa che prevede l’ “eccezionalità” della residenza fuori sede e, nei soli casi
dell’eccezionalità, comunque la “prossimità” della sede prescelta, è una normativa che è
volta a tutelare proprio questi interessi, che sono gli interessi certamente degli studenti, ma
complessivamente gli interessi anche di un Ateneo.
E’ incredibile poi che questo dato del 35% trova il suo picco tra il i professori ordinari.
Infatti, mentre i ricercatori e i professori associati fuori sede risultano essere circa il 30% del
totale, tra i professori ordinari è il 47% dei docenti a chiedere il riconoscimento dell’eccezionalità
e l’autorizzazione a risiedere fuori sede.
Come è evidente questo dato sui docenti ordinari è di tale portata da non poter rimanere
“indifferente”, ed è talmente diffuso da coinvolgere la maggioranza dei docenti con incarichi
nella “governance” dell’Ateneo.
Per questo motivo e per far “esplodere” questa situazione, oggi in Senato Accademico i
rappresentanti dell’Udu, sulla delibera di autorizzazione, hanno prima chiesto l’uscita di tutti gli
interessati alla deliberazione e poi hanno abbandonato la seduta per dimostrare fisicamente che
il fenomeno è così diffuso che neanche il numero legale del Senato Accademico poteva essere
garantito.
Il Senato Accademico ha dovuto “spacchettare” le proposte e far entrare e uscire
separatamente i docenti interessati, per poter arrivare a votare la deliberazione sulle
autorizzazioni a risiedere fuori sede, senza incappare nelle incompatibilità e nella mancanza di
numero legale.
Una scenetta da film, sul filo del “io voto la tua, tu voti la mia”, che dovrebbe provocare un
sussulto e il ripensamento della politica dell’Ateneo sulle autorizzazioni a risiedere fuori sede.
Noi chiediamo che siano distinti i casi di residenza di prossimità limitrofa, da autorizzare
ovviamente senza alcun dubbio; i casi di reale eccezionalità, ma con dimostrazione di residenza
o domicilio in luoghi di reale prossimità e che si fermi per sempre invece il lungo elenco di
autorizzazioni per casi continuativi negli anni e senza alcun carattere di eccezionalità.
Chiediamo di aprire una vera riflessione sulla natura dell’Ateneo, che non può essere “di
passaggio” per nessuno e che, proprio mentre si discute di Università residenziale (OCSE
L’Aquila 2030), e di sviluppo della Città fondato sulla crescita del legame con l’Università,
si discuta anche della necessità di avere un’ Università Residenziale sia per i docenti, che
per gli studenti. Un’università costruita il tal modo è veramente un’università che punta
contestualmente sulla qualità e diventa vero motore di sviluppo del territorio.
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