Castelnuovo, sisma come male incurabile
Piana di Navelli – (di Luca Lancioni) – Molta tristezza, tanta rabbia e poco spirito di rassegnazione tra gli abitanti di Castelnuovo di S. Pio delle Camere. “Non chiediamo nulla. Chiediamo solo di sapere”. Nella fortificazione di età romana aleggia il vento dell’autunno e le sere cominciano ad essere fredde per chi vive ancora in tenda. Delle case di legno, di quelle per ritrovare il calore di un focolare, non c’è nessun segno; eppure le terre sono state individuate, il progetto è stato approvato da più di due mesi ma i lavori non partono e sembrano perdersi in un marasma amministrativo che smarrisce gli stessi abitanti. C’è chi dice che non si aprono ancora le buste per gli appalti, c’è chi dice che sono state aperte ma alcune ditte hanno fatto ricorso. Irrequietezza, senso di smarrimento: questo è Castelnuovo oggi. Rimane un paese dimenticato, che da aprile continua a vivere una situazione altamente drammatica perché il centro abitato è stato raso al suolo e la terra ha letteralmente inghiottito le case. Il suo dramma rimane sconosciuto dalle cronache nazionali, rimane sconosciuto dalla gente, rimane sconosciuto dalle autorità. Oppure, forse, è conosciuto, ma nessuno ha l’interesse di parlarne. Non se ne parla. Ci rimane, così, solo di guardare, con impotenza, una situazione incredibilmente surreale.
“Castelnuovo era dimenticato prima ed è dimenticato anche adesso”, questa è la ferma consapevolezza che trapela dalle voci degli abitanti. Infatti Castelnuovo è un fortilizio di epoca romana, un paese antico, dalla forte identità turistica ma mai presa in considerazione dall’amministrazione. Dagli anni ’60 non sono mai state controllate le opere di ristrutturazione, almeno nel loro stile architettonico. Mai importato nulla di nulla, e i cittadini si sono sempre arrangiati. Dopo il 6 di aprile sono arrivate le tende, poi è arrivata l’estate senza i condizionatori perché l’elettricità non era affatto sufficiente. “Come sarà l’inverno? A quanto pare le casette non ci sono ancora”. Questa è l’unica domanda a cui si può ottenere risposta. Il problema è che a Castelnuovo, a differenza di altre parti, non si hanno altri alloggi o altre stanze in cui farsi ospitare, come ad esempio dagli amici o dai parenti. A Castelnuovo chi aveva una casa, due, tre, o quelle che siano, non ce l’ha più.
Nel frattempo il borgo è tutt’altro che fortificato: non ci sono controlli, chiunque può entrare a rubare, la maggior parte delle persone non ha ancora modo di riprendere i suoi affetti personali, i suoi oggetti, la sua legittima parte di vita, tutto è coperto dalle macerie. “ Tutto questo è uno schifo. Non si sa che lavoro fanno gli amministratori”, dice un passante. Chiunque ha possibilità di depredare, anche di impossessarsi dei fasti del passato: capeggiano qua e là, tra i ruderi e le macchine ammucchiate, pietroni levigati e ricamati dalla inaudita bellezza. Nei pressi del fossato, a nord, il terremoto ha addirittura riportato alla luce le antiche carceri (non sarà mica un segno del destino per i responsabili dell’indicibile situazione?).
Rimane un futuro imprecisato: l’Università di Firenze ha chiesto di poter venir a studiare il terreno per capire dove sia ancora possibile ricostruire ma chiede, giustamente, degli alloggi per far dormire gli studenti. Idem per l’Università di Napoli. Ma queste sono voci, sono sussurri che girano tra i vicoli sommersi di macerie e ciò che colpisce di più a Castelnuovo, e che lascia davvero avviliti, è che la popolazione non ha notizie certe, non ha rassicurazioni, non ha una vicinanza istituzionale, non ha un pensiero razionale da portare avanti, non ha accesso ad un colloquio con i politici, eppure c’è molto da fare. Si possono fare molte cose, progetti concreti, ricostruire dove possibile, preservare ciò che è rimasto per la memoria delle generazioni future, riportare in superficie l’antico e ripartire, così, dalle proprie radici. Bisogna anche pensare al destino delle seconde case, di chi non ha la residenza a Castelnuovo, perché, diavolo, anche loro hanno diritto di tornare, di poter continuare ad amare le bellezze del posto e di rinvigorire il centro abitato.
Castelnuovo è nel caos: si necessitano soluzioni definitive e non sono da escludere quelle che partono dal basso, dai cittadini, sin troppo martoriati, purtroppo; sin troppo trattati come bestiario per delle elezioni politiche alquanto deprimenti, per delle passerelle politiche alquanto ridicole, per delle scelte politiche alquanto indicibili.
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