Superare il concetto di cultura-evento


L’Aquila – (di Appello per L’Aquila) – Per parlare di Piano Strategico e della candidatura al ruolo di Capitale europea della Cultura per il 2019 prendiamo spunto dallo scritto del prof. Sacco pubblicato sull’inserto domenicale del Sole 24 Ore: “Se il superamento della concezione della Cultura-Evento, centrata sull’intrattenimento fine a se stesso e sulla conta strumentale del pubblico pagante, diventasse effettivamente patrimonio comune delle città italiane candidate, a beneficio di una concezione maggiormente centrata sulla partecipazione attiva, sull’innovazione e sulla qualità sociale, assisteremmo, a prescindere dagli esiti della competizione, ad una svolta epocale che cambierebbe per sempre il rapporto tra cultura e sviluppo nel nostro Paese”.
L’idea di lungo respiro suggerita dal noto economista è che qualunque sarà la città chiamata a rappresentare la cultura italiana, tutte avranno vinto nella misura in cui saranno state capaci di investire su uno sviluppo a base culturale, finanziariamente sostenibile e in grado di realizzare progetti seri, credibili e duraturi ben oltre lo stesso 2019.
Un percorso politico a medio-lungo termine di rigenerazione urbana attraverso l’innovazione e il coinvolgimento della popolazione.
Dunque un’Amministrazione che punti davvero ad investire in questi termini connota fortemente la propria strategia di sviluppo intorno al progetto stesso e alla sua capacità di attrarre l’interesse e la partecipazione di tutti gli attori che operano in un territorio.
Che l’idea “L’Aquila 2019″ piaccia o meno sarebbe logico e doveroso che almeno l’Amministrazione che si vanta di promuovere quell’idea ne facesse pensiero lungo, linea di indirizzo della programmazione socio-economica del territorio, se crede davvero che l’intera comunità possa trarne beneficio. Dov’è, invece, “L’Aquila 2019″ nel Piano Strategico, recentemente redatto nella sua proposta finale? Tre righe per descrivere un’azione nell’ambito di un generico impegno per la rinascita sociale e culturale!
Il punto è che il Piano Strategico proposto non esprime alcun pensiero lungo o visione di città, manca dell’indicazione di tempi di realizzazione e di priorità, che dovrebbero essere selezionate in una dimensione almeno di area vasta e all’interno di percorsi di partecipazione a carattere decisionale.
È esperienza diffusa ormai che un Piano Strategico funziona se e solo se la città (popolazione, Istituzioni, operatori economici, sociali e culturali) crede in una prospettiva ampiamente condivisa e la declina all’interno dei piani di gestione del territorio e dei programmi di sviluppo economico e sociale.
Il nodo è proprio questo: non si può scambiare un processo di partecipazione con tre riunioni svolte in campagna elettorale, così come bisogna essere onesti pensando al coinvolgimento della cittadinanza nella candidatura europea.
E’ necessario per questo rompere con le rendite di posizione per favorire la crescita delle energie fresche e vitali presenti nel nostro territorio. Comprendere che bisogna puntare sui nostri giovani e dare loro l’opportunità di mostrare che questa città vuole innovare e rinnovarsi. Non destinare le risorse solamente a chi ha fatto la storia ma puntare decisamente e prioritariamente su chi farà la storia anche oltre il 2019. Si incentivino le passioni e i saperi dei nostri ragazzi, in città ci sono talenti che aspettano da troppi anni la loro occasione.
La vera scelta politica, la “svolta epocale”, è proprio questa: dare a chi ha sempre avuto e poco prodotto, oppure uscire dalla retorica dei giovani e dell’innovazione per puntarci seriamente e di conseguenza destinarci la maggior parte delle risorse.
Non ci sembra questa la strada intrapresa, i Cantieri dell’immaginario ne sono l’ultima prova, è necessario un radicale cambiamento. Altrimenti si è destinati al fallimento sprecando anche questa opportunità per trasformarla solo in un’occasione di visibilità buona per i prossimi appuntamenti elettorali.
Noi pensiamo che la visione di lungo periodo debba essere il frutto di un percorso di confronto e di partecipazione attiva con le cittadine e i cittadini del territorio. Se Piano Strategico e candidatura europea devono essere, allora si faccia sul serio: prendendo atto della natura territoriale e sociale – e non urbanistica – dei problemi da affrontare, individuando le priorità a seguito di un’attenta analisi conoscitiva, avviando processi di trasformazione condivisi, stimolando operatori sociali, economici e culturali in un quadro di area vasta.
Altrimenti, è più onesto non farlo affatto.


08 Dicembre 2012

Categoria : Cultura
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