Bopha e i cambiamenti climatici


(di Carlo Di Stanislao) – L’anno si chiude in modo tragico, con 280 morti, per ora, e migliaia di dispersi nelle Filippine, colpite da un tifone di dimensioni catastrofiche, con trombe d’aria ad oltre 200 chilometri l’ora e pioggia torrenziale nel Sud del Paese, che hanno funestato, soprattutto, la città di Bataan sull’isola di Midanao e Palawan, nota in tutto il mondo per le sue spiagge e gli spettacolari punti di immersione.
Il tifone Bopha, il più potente fra quanti hanno colpito l’area quest’anno, ha spazzato via case e vite soprattutto nelle province di Valle di Compostela e Davao Orientale, causando oltre 120.000 sfollati.
Molte zone di Mindanao sono tuttora senza luce né cibo o acqua potabile, le vie di comunicazione sono interrotte a causa del crollo di ponti e strade. L’esercito tenta in ogni modo di portare soccorso agli sfollati, ma fatica a raggiungere le aree più remote e isolate. Dozzine di voli interni e collegamenti via mare sono interrotti nel centro e nel sud dell’arcipelago; anche scuole e uffici sono rimasti chiusi.
Corazon Soliman, ministro del Social Welfare, racconta che fra le zone più critiche vi è la cittadina montagnosa meridionale di New Baatan, nella regione di Davao e al contempo racconta che quanto messo in atto nei giorni scorsi dall’esecutivo, con invio di sms di allerta e annunci in tv, hanno permesse alla popolazione di reagire meglio che in passato e di limitare i danni in termini, soprattutto, di vite umane.
Ogni anno l’arcipelago filippino è investito dal passaggio di almeno 20 tifoni e Bopha è il 16mo che colpisce l’area quest’anno. Lo scorso agosto si sono registrate un centinaio di vittime e un milione di sfollati per una serie di violenti temporali, mentre nel 2011 10 tifoni di elevata intensità hanno causato 1.500 vittime, la più parte delle quali uccisa da Washi, anch’esso comparso in dicembre.
Come chiariscono gli esperti, “Bopha” ha ufficialmente battuto il record di tifone più meridionale (e vicino all’equatore) mai osservato sulla Terra. In pratica, finora, nessun tifone era riuscito a svilupparsi a latitudini così meridionali e prossime all’equatore. Un evento più unico che raro, che è divenuto una depressione tropicale a soli 3.6 ° di latitudine nord, proprio vicino l’equatore geografico e che passando sopra le caldissime acque del mar delle Filippine, le cui temperature superano i +29°C +30°C, si è ulteriormente rafforzato, raggiungendo dapprima la 4^ categoria della Saffir-Simpson, fino a toccare la 5^, con un impatto devastante e raffiche a 240-250 km/h.
Uno studio della Naval Postgraduate School ha indicato che la probabilità di un simile sviluppo equatoriale è di almeno una volta ogni 2-3 secoli. Ciò può avvenire solo in quest‘area del sud-asiatico, ove le ingerenze orografiche (si pensi ai rilievi interni di Sulawesi, il Borneo o Sumatra) sono tali da deformare l’assetto originale della circolazione atmosferica, producendo dei moti vorticosi o delle turbolenze che in rade occasioni possono approfondirsi, favorendo lo sviluppo di cicloni tropicali ben organizzati. Per quel che concerne la formazione di “Bopha”, come confermano molti esperti, con molta probabilità la sua formazione, a soli 3.6 ° di latitudine nord, è da imputare al passaggio di un ampia onda troposferica equatoriale che si è spinta dal Pacifico al tratto di oceano a nord di Papua e delle isole Bismark. Questa ondulazione ha impresso poi la rotazione che ha portato poi allo sviluppo di “Bopha”. Il tifone ha impiegato più di quattro giorni prima di diventare tifone, a soli 3.6 ° di latitudine nord.
Secondo il NOAA, negli ultimi anni solo quattro tifoni di categoria 4 si sono avvicinati a sole 200 miglia nautiche da Mindanao, tra questi abbiamo: “Mike” nel 1990, “Ike” nel 1984, “Kate” nel 1970, e “Louise” nel 1964. Rimanendo in tema occorre ricordare come, il sistema tropicale cresciuto più vicino all’equatore, è “Agni”, una tempesta tropicale che ha interessato l’oceano Indiano settentrionale nel Novembre 2004, a soli 0.7° di latitudine nord.
Aree depressionarie che si formano unicamente sul mare penetrando marginalmente all’interno dei continenti, i tifoni sono tipici del Pacifico settentrionale e noti sin dall’antichità, chiamati “Grande Vento” in cinese ed Uragan, dal nome di un dio della tempesta degli Amerindi dei Caraibi,in lingua spagnola. Più tipicamente (ma non unicamente, come si vede in questi ultimi tempi), si formano alla fine dell’estate e in autunno quando sui mari staziona aria calda e umida per via delle più alte temperature raggiunte dall’acqua.
L’aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera sta causando un corrispondente incremento della temperatura globale della Terra e ciò produce inevitabili effetti a livello meteorologico. Con l’incremento della temperatura vi è un conseguente aumento dell’evaporazione, per cui si ritiene che, a livello globale, l’inasprimento dell’effetto sia la causa della crescita delle precipitazioni e della maggiore frequenza delle tempeste di forte intensità.
Quattro giorni fa, la World Meteorological Organisation (Wmo) nel suo Provisional Statement on the State of Global Climate redatto per l’anno in corso e presentato alla Conferenza di Doha, ha analizzato dettagliatamene i fenomeni climatici estremi verificatisi nel 2012.
Dopo aver descritto e documentato l’anno 2012 come il più caldo di sempre il Wmo ha pubblicato i principali fattori di incidenza sui cambiamenti climatici, registrati dall’agenzia internazionale.
Il primo fattore sono le temperature: i primi 10 mesi del 2012 hanno registrato temperature costantemente sopra la media sulla maggior parte delle terre emerse (accentuate in maniera particolare nell’America del nord, nell’Europa meridionale nell’est e nel centro della Federazione della Russia e nel nord-ovest dell’Asia, ma anche il nord dell’Argentina e il nord Africa hanno mantenuto temperature medie piuttosto elevate, così anche il sud Pacifico (ad eccezione dell’Australia); secondo il Wmo le anomalie climatiche “più negative” si sono verificate nel nord della Cina.
Un secondo fattore sono gli eventi estremi: tornado e piogge di forte intensità hanno interessato un po’ tutto il pianeta, ma alcune regioni dell’emisfero nord hanno conosciuto “gli estremi” più importanti tra gennaio ed ottobre del 2012 (come, ad esempio, l’uragano Sandy).
I cicloni tropicali sono un terzo elemento di criticità sottolineato quest’anno: 81 tempeste nei primi 10 mesi mostrano un’attività ciclonica in media con gli ultimi 30 anni, ma l’Atlantico ha conosciuto per il terzo anno consecutivo una stagione degli uragani più attiva del normale (19 tempeste, di cui 6 uragani); l’Asia orientale è stata duramente colpita da potenti tifoni durante l’intero arco dell’anno: la distruzione nelle Filippine i danni in Giappone e nella penisola coreana causati da Saba (il ciclone più forte del 2012) sono emblematici di questa intensa attività meteorologica.
La siccità è un quarto fattore fondamentale: il 65.5% dei territori continentali degli Stati Uniti, secondo Drought Monitor Usa, sono stati interessati da periodi di siccità intensa (con l’eccezione dell’Alaska); giugno e luglio sono stati i mesi più difficili: la siccità ha interessato alcune regioni della Siberia, il sud-est dell’Europa, i Balcani e i paesi mediterranei; le province cinesi Yunnan e Sichuan hanno vissuto un lungo periodi di siccità invece tra l’inverno e la primavera, così come il nord del Brasile (la peggior siccità degli ultimi 50 anni).


06 Dicembre 2012

Categoria : Scienze
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