ABC dell’economia, come nasce la banconota?


(di Giampaolo Ceci) – Spesso gli uomini compiono azioni per abitudine dimenticandosi il motivo che le hanno determinate. Ad esempio, perché le donne portano la gonna? Perché per salutarci ci si dà la mano? Sono esempi che dimostrano come la cultura e le abitudini portano a compiere azioni ritenute “normali”, quasi che siano dettate da motivi naturali e non invece determinati dagli uomini per qualche ragione persa nel tempo.
Anche l’uso della cartamoneta s’inquadra in queste abitudini al punto che nessuno si meraviglia di scambiare un bene che ha un’oggettiva utilità con un pezzo di carta stampata o una moneta di vile metallo che invece non ne ha alcuna.
Perché è nata la cartamoneta e perché si è instaurata l’abitudine di dargli un valore sproporzionato rispetto al suo valore intrinseco?
Facciamo un viaggio retrospettivo semplicistico per ricordarci cosa è successo. Immaginiamo un’isola e una tribù primitiva che la abita. Qualcuno coltiva la terra, altri allevano il bestiame, altri ancora costruiscono le barche. Altri pescano. Tutti producono qualche cosa di utile, ma nessuno riesce ad essere autosufficiente.
Gli uomini di questa società primordiale devono necessariamente scambiarsi i loro prodotti per ottenere ciò di cui hanno bisogno o semplicemente per vivere “meglio”.
Nasce un sistema economico e sociale che può essere organizzato in modi molto diversi, che va dalla messa in comune delle risorse prodotte da ciascun membro della tribù, alla gestione individuale di ciò che ciascuno produce con la sua abilità o il suo ingegno.
Nel nostro caso supponiamo che nell’isola ciascuno voglia mantenere la proprietà di ciò che produce, ovvero si sia instaurato un modello”liberale”. In questa ipotesi per ottenere ciò che non si ha, nasce il baratto: “io ti do’ ciò che ho in esubero e tu fai altrettanto”. Ci guadagniamo entrambi.
Il valore dello scambio è determinato dal bisogno che ciascuno ha delle merci che non possiede.
Il valore delle merci in scambio è soggettivo perché fa riferimento al bisogno che ciascuno ha del bene scambiato Quanti pesci vale una barca? basta chiedere ai pescatori quanti pesci sono disposti a dare al falegname che la costruisce. 10? 50? 100 pesci? nessuno offre di più? ecco, in quel momento la barca vale 100 pesci.
Se la barca non serve a nessuno o è fatta meno bene di quella realizzata da un altro falegname più bravo, il suo valore è zero pesci.
Nasce la concorrenza, che calmiera il valore degli scambi verso il basso e promuove l’innovazione e il progresso.
Due fenomeni quindi, in questa concezione sociale: “L’utilità”, che determina il bisogno dello scambio e “la concorrenza” che abbassa il corrispettivo.
Ma, scambiare una barca con dei pesci non è comodo perché il pesce è un bene deperibile e si deve scambiare subito con le altre merci. Più comodo sarebbe stabilire un bene raro la cui utilità sia riconosciuta da tutti. Si potrebbe usare un cammello, del miele, delle perle, o un metallo raro a condizione che tutti lo volessero possedere.
Ma, un pezzo di metallo di quale peso? Il pezzo di metallo raro e desiderato però deve essere pesato ogni volta. Meglio punzonarlo da un ente terzo che ne garantisca il peso.
Nasce così la moneta come strumento terzo realizzato con un pezzo di metallo raro con cui realizzare oggetti voluti da tutti, e il cui peso é “garantito” da chi lo punzona.
Nasce un altro problema. Quante monete devono essere coniate? All’inizio la cosa sarebbe semplice: basterebbe prendere TUTTO il metallo prezioso che c’è nell’isola e ridurlo in tanti pezzetti di egual peso (monete). Ciascuno darà un controvalore in monete alle singole merci in ragione della loro utilità ovvero dal desiderio di possederle rapportandola ai quantitativi di metallo prezioso che c’è nell’isola. Se c’è solo qualche chilo di metallo “prezioso” ci vorranno pochi grammi per trasformarli in una barca, se ce ne fosse una tonnellata lo scambio avverrebbe con un quantitativo maggiore perché il metallo sarebbe meno desiderato essendocene molto e più facile da procurarselo con altri scambi.
Perché, però portarsi dietro il peso delle monete? Meglio depositarle in un luogo sicuro presidiato da gendarmi fidati che sono disposti a custodirle a fronte di un piccolo compenso. Il materiale raro depositato potrebbe essere certificato da una “nota” che certifichi il controvalore del quantitativo lasciato in custodia e l’impegno di chi lo custodisce a riconsegnarlo a semplice presentazione della anonima ricevuta di deposito. Ecco fatto, sono nate banconote (note di cambio) le banche e la cartamoneta.
Ora non serve più scambiare i pezzi di metallo, basta scambiarsi le ricevute di deposito che consentono di andarle a convertire nel prezioso metallo di scambio.
Se nell’isola si scopre una nuova miniera? L’utilità complessiva delle merci e dei prodotti presenti nell’isola resta la stessa, ma il valore del metallo cala, perché il peso totale del metallo raro si ripartisce sulle stesse merci che ne costituisce la contropartita, quindi ce ne vuole di più per scambiarlo con la stessa merce.
Se invece gli abitanti dell’isola col trascorrere del tempo producessero altre barche o beni che hanno un loro valore intrinseco e quindi vi fosse qualcuno disposto a scambiarli col metallo prezioso che possiede? Oggi si direbbe se aumenta il PIL? In questo caso si verificherebbe l’opposto ovvero che bisognerebbe immettere altro metallo prezioso nell’isola per mantenere equivalente il controvalore dei beni e servizi in circolazione.
Se altro metallo raro non c’è, bisogna accettare il fatto che necessariamente aumenti il controvalore delle merci in monete.
Il sistema economico è in equilibro in quel momento se ipoteticamente ci fosse un “riccone” in grado di scambiare tutti i prodotti e servizi presenti nell’isola col loro controvalore in metallo prezioso presente nell’isola in quel momento diventando proprietario di tutto.
Che accade invece se tutte le monete vanno nel villaggio dei costruttori di barche mentre in quello dei pescatori non ce n’è alcuna? Hanno ancora lo stesso controvalore? E se qualcuno mette in giro cartamoneta falsa? E se chi custodisce le monete rilascia “certificati” maggiori di quelle che custodisce? Come si calcola il valore dei nuovi beni prodotti negli anni (PIL) per poter immettere la corrispondente quantità di monete per mantenerne stabile il valore? Quale organismo sull’isola dovrebbe controllare che il sistema resti in equilibrio? Chi dovrebbe essere autorizzato a battere moneta?
Lo spazio è terminato. Per chi è riuscito a leggere fino a qui e fosse interessato a conoscere le risposte, un appuntamento ad una prossima puntata….se il direttore vorrà gentilmente ospitarmi, naturalmente.


02 Dicembre 2012

Categoria : Storia & Cultura
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