“La sicurezza in secondo piano dopo il sisma? Qualcuno sa che il terremoto è finito?”


anas-giu-09L’Aquila – L’ing. Antonio Iorio ha inviato al sindaco la seguente lettera: “La piramide rovesciata: pochi edifici pubblici ultra sicuri o tutte le abitazioni più sicure? La sicurezza delle persone è il bene sociale supremo (insieme alla libertà) da tutelare e conseguire. Tutta l’organizzazione sociale adegua la sua organizzazione, ordinaria e di emergenza, per raggiungere tale fine. Improvvisamente, ancora nel corso dell’emergenza sismica, la Protezione Civile emana provvedimenti, rimessi alla volontà dei singoli tecnici e dei singoli proprietari, che permettono di rientrare in immobili ancora in corso di riparazione e senza poter escludere la possibilità di ulteriori eventi sismici di significativa intensità.
E’ passata la paura o abbiamo acquisito certezze assolute e ci accolliamo quote di rischio non valutabili? Pensiamo di poter lavorare in edifici con persone presenti con ulteriori rischi di incidenti oltre quelli sismici?
Ma anche i criteri di riparazione degli edifici emanati dalla Protezione Civile sembrano sottovalutare l’obiettivo massimo della sicurezza degli edifici di abitazione. La Protezione Civile ammette che un edificio riparato possa ritenersi agibile purché, dopo le riparazioni, si raggiunga almeno il 60% dell’adeguamento sismico rispetto a quello di un edificio nuovo, realizzato secondo le nuove norme sismiche NTC 2009 (Norme Tecniche Costruzioni).
Qualora tale grado di adeguamento minimo del 60% non sia raggiungibile è data facoltà, dopo confronto di convenienza economica, alla demolizione e ricostruzione.
La Protezione civile assume che la vita utile per gli edifici di abitazione da riparare sia pari a 50 anni.
Dalle norme tecniche risulta che per un edificio nuovo simicamente adeguato, con vita utile di 50 anni, la probabilità di essere soggetto ad un evento sismico maggiore di quello di progetto è pari al 10%, e che per un edificio adeguato al 60% la probabilità di superamento risulta del 31%.
Ne consegue che per un edificio riparato al 60% la probabilità di subire un evento maggiore di quello sostenibile è di circa il 300% (3 volte) di quello di un edificio nuovo.
E’ accettabile un tale incremento di rischio?
Perché viene stabilito che un edificio deve avere vita utile di 50 anni quando la norma NTC 2009 prevede tale valore come minimo (maggiore uguale di 50 anni)?
Non pare che la vita utile delle strutture degli edifici di abitazione sia considerata nella comune esperienza inferiore a 100 anni (anche se l’edificio è suscettibile di adeguamenti funzionali impiantistici in periodi inferiori).
E’ noto che un edificio progettato con vita utile di 50 anni ma che dura 100 anni è esposto ad un maggiore rischio di circa il 200% rispetto a quello probabile in 50 anni.
Si dovrebbe progettare per un rischio maggiore (vita nominale di durata maggiore) in modo da garantire nella vita utile della struttura l’adeguato rischio accettabile.
Abbiamo toccato con mano, a seguito del terremoto, che è più conveniente avere un più alto grado di sicurezza diffuso per gli edifici civili, in grande numero, piuttosto che solo per gli edifici pubblici o strategici, piccolo numero, come ora previsto dalle norme NTC 2009.
Gli edifici privati danneggiati funzionalmente sono stati in numero di circa 36000 su 70355 (circa 50%) e gli edifici pubblici 500 su 1951 (rapporto Protezione civile al 3/09/2009).
Se si potesse raggiungere una maggiore sicurezza diffusa si potrebbero ridurre immensamente il numero delle vittime ed i danni agli edifici ed evitare l’inagibilità totale dei centri abitati oltre gli elevatissimi costi per l’evacuazione della popolazione e per la riparazione e ricostruzione ed il dissesto di una intera economia territoriale.
Sarebbe opportuno innalzare il coefficiente di sicurezza degli edifici di abitazione almeno alla pari di quello degli edifici pubblici (coefficiente di maggiorazione 2,0 norme NTC 2009).
E’ da notare, evidentemente, che chi ha mezzi finanziari adeguati può e potrà provvedere da solo a progettare e realizzare la propria abitazione secondo il maggiore livello di sicurezza tecnicamente possibile.
D’altra parte il Piano C.A.S.E. – edilizia prefabbricata pubblica – è stato già progettato ed eseguito dalla Protezione Civile con il massimo grado della sicurezza possibile e quindi pare necessario e giusto che tale grado di sicurezza sia applicato e garantito anche per gli edifici privati. Sarebbe utile una maggiore riflessione sugli argomenti sopra sinteticamente segnalati senza “la furia” di far rientrare subito la gente nelle case in corso di riparazione”. (Nella foto Col: La sede dell’Anas in via Venti Settembre nel giugno scorso. Un edificio recente, ma ugualmente malridotto e abbandonato)


14 Settembre 2009

Categoria : Cronaca
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