L’Aquila, Città del Sole
L’Aquila – (di Sandro Cordeschi – seconda parte) – Il percorso del sogno diviene più intricato ed oscuro, man mano che ci si addentra nelle vie, ancora inesistenti, di una città “da fare”. Se Aquila antica, con il suo nome e la sua forma evocativa, in fondo esiste ancora, almeno in immagini, in segni che tracciano un percorso, come costruire una realtà che non è neppure in embrione, all’interno della quale, comunque, si dovrà vivere? Chi sta qui a sognare ad occhi aperti non crede, come Bacon, in una Nuova Atlantide tecnologica, e il magma del cemento sparso a caso o sulla base di criminosi disegni gli fa orrore. Nella sua disperata ricerca di equilibrio, però, ha imparato con fatica ad accettare l’idea che la tecnologia possa essere strumento utile, in vista della realizzazione di un rapporto armonico tra eco-logia ed eco-nomia. In fondo, queste scienze imperfette tendono alla scoperta di una relazione giusta e conveniente tra l’uomo e l’ambiente naturale, sua prima dimora. Il concetto di “qualità della vita” nasce da qui, da questa relazione.
Visto che, in ogni caso, si deve ricominciare da capo, non vogliamo mica fondare il nostro futuro sugli errori passati, no? Se ripensiamo bene ai quartieri-dormitorio ammassati intorno al centro storico, anche se le nostre case erano quelle, erano lì, non desideriamo piuttosto che esista, oggi, un piano, ad impedire assurdi cumuli di ferro e cemento, a restituirci spazio vitale, per il tempo che verrà, per i nostri figli? Necessario, in primo luogo, un piano regolatore e urbanistico complessivo, senza por tempo in mezzo. Vedete quanto sono veloci (così dicono, almeno) a piantare tende negli spazi liberi e a tramutarle poi in termitai, senza alcuna partecipazione democratica? Va bene, si doveva gestire l’emergenza e i metodi da occupazione militare sono forse i più efficienti. Ma adesso? Adesso ne va della nostra vita, non è vero?
Il piano regolatore, elaborato da tecnici e pensatori capaci, andrebbe poi discusso e condiviso, si intenda, senza inutili concessioni ad obiezioni irrazionali o dovute ad interessi particolari, di nessun conto per la comunità. Si ricordi, una volta per tutte, che il benessere individuale è strettamente legato a quello collettivo: che ve ne fareste, adesso, di una villa miliardaria in mezzo alle macerie, o in una situazione di caos sociale? Ci pensate? Nella megalopoli povere di quello che chiamiamo Terzo Mondo ci sono alcuni ricchi, con splendide dimore: ma circondate da muri altissimi, guardate a vista da disperati armati di mitra, sotto assedio. Quindi: in primo luogo la città, una città più possibile in equilibrio, con l’ambiente naturale ed umano innanzitutto. Detto questo, il sognatore potrebbe già mettersi da parte: però, ha ancora qualche brandello di sogno da gettare nel vento.
Ricominciare da capo, dunque, salvaguardando il suolo, valorizzando terreni agricoli, orti, giardini, alberi e boschi, sia con una larga opera educativa, sia con le norme, che non dovrebbero essere inutilmente oppressive, e con l’esempio. Le fasce riparali dei fiumi e dei ruscelli andrebbero salvaguardate, i corsi d’acqua, a cominciare dall’Aterno, dal quale tutti noi siamo nati, dovrebbero essere ripuliti, con tecniche moderne e rispettose (è stato fatto per fiumi anche vicini, guardate il progetto Imele-Salto, oppure quello realizzato a Mantova per il Mincio) e tutelati poi con impianti di depurazione biologici. Non ne so nulla, ma pare che ne esistano di tutte le dimensioni, da quelli domestici a quelli cittadini, e che non abbiano controindicazioni. Le acque reflue andrebbero quindi gestite con criteri intelligenti, come anche si dovrebbe badare al risparmio dell’acqua potabile, bene rinnovabile, ma non all’infinito, se non si limita l’inquinamento. Importantissimo anche il riciclaggio dei rifiuti: alcuni Comuni italiani stanno ottenendo risultati strabilianti.
Attenzione all’uso e alla creazione di fonti energetiche alternative, immediatamente disponibili e rinnovabili. Nella città e nei dintorni, si può utilmente proporre la presenza di bus elettrici, di biciclette, di piccoli mezzi di trasporto poco ingombranti ed inquinanti. Occorre creare piste ciclabili (percorribili, in zone pianeggianti, anche con i pattini, L’Aquila ha gloriosi precedenti in questo sport e diversi campioni del mondo tra i suoi cittadini!) e percorsi pedonali agevolati, non necessariamente asfaltati: non dimentichiamo che, se il Centro è tutto in salita e la scelta medievale era motivata soprattutto da bisogni difensivi, le nuove zone abitative sorgeranno prevalentemente in territori poco ondulati.
Sono disponibili, per queste ed altre idee riguardanti un più corretto rapporto tra uomo e ambiente, numerosi siti web dei cosiddetti “comuni virtuosi” (si veda il “Corriere della Sera, 8 settembre, pag. 15). Dobbiamo insomma cercare di costruire una zona abitata davvero a misura d’uomo (e di ambiente). Il sisma ci ha dato, con violenza, anche questa indicazione, che, in fondo, può essere trasformata in opportunità. E forse cominciamo anche a capire chiaramente che la “vocazione” del nostro territorio non può essere rivolta verso la “grande industria”, eccetto che per le realtà già operanti e davvero vitali: la “piccola impresa”, opportunamente indirizzata e sostenuta, il “turismo ambientale e culturale”, incentivato nella giusta misura, le risorse naturali e gastronomiche, valorizzate e protette, sono i nostri veri punti di forza, ora più che mai: aspettiamo persone capaci di comprenderlo e di mettere in atto le strategia opportune.
In questa ricerca di professionalità e competenza, nella progettazione come anche nella creazione di figure tecniche di alto livello, capaci di operare nei settori indicati, è fondamentale il rapporto con le scuole e con l’Università.
L’Università: ma questa è un’altra storia e sarà raccontata nella prossima puntata del sogno. (Nella foto: Sandro Cordeschi)
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