Palazzetto dei Nobili, cuore aquilano


L’Aquila – (Foto: piazza dei Gesuiti, il palazzetto come appariva nell’altra vita) – Il ritorno, come abbiamo riferito in cronaca ieri, del Palazzetto dei Nobili (7 dicembre inaugurazione con Fini) è un momento significativo. La riedificazione entra, diciamo, nel cuore della città, anzi nel suo centro geografico, perchè l’edificio era considerato proprio questo: il centro della città all’interno delle mura urbane, come dovrebbe ancora attestare un bassorilievo. L’edificio si chiama Palazzo della Congregazione dei Nobili, o anche Oratorio dei Nobili.
Secondo Wikipedia, è un esempio pressoché unico di equilibrio tra architettura civile e religiosa, coerente quindi alle origini miste (papali e reali) della città, sorge sul luogo di una preesistente architettura rinascimentale, il Palazzo della Camera, che sino al Seicento costituì il centro della vita politica aquilana insieme all’adiacente Palazzo Margherita.
Nel 1601 Giulio de Spazzina fu inacaricato di ampliare il palazzo in direzione di piazza Santa Margherita per volontà della Congregazione dei Nobili, fondata due anni prima dal padre gesuita Sartorio Caputo, le cui spoglie sono conservate nella chiesa di Santa Margherita. Proprio la costruzione della chiesa dei Gesuiti, cominciata nel 1636, consentì la trasformazione urbanistica della piazza con la chiusura di via Forcella, tra Santa Margherita e Palazzo Camponeschi, e la conseguente apertura di via Camponeschi con l’isolamento dell’attuale Palazzetto dei Nobili”.
La storia dell’edificio, oggi restaurato grazie a donazioni di deputati, è – come in quasi tutta la città storica – segnata dai passati terremoti. In particolare quello – catastrofico tra i tanti – del 1703, devastò il palazzetto, tanto che la Congregazione fu ospitata temporaneamente nei locali di disimpegno tra la chiesa di Santa Margherita e Palazzo Camponeschi . La ricostruzione (che evidentemente durò tempi accettabili…) tra il 1708 ed il 1715 consentì la riedificazione del palazzo nelle fattezze attuali. Nell’edificio venivano eletti i camerlenghi della città. Ciambellano e camerlengo sono due titoli di origine medievale, ancora in uso presso alcuni ordinamenti politici moderni, come in Inghilterra, che talvolta compaiono anche nelle forme gran ciambellano o gran camerlengo.
Il titolo di camerlengo deriva dal latino medievale camarlingus, a sua volta corruzione, a partire dal franco kamerling, del latino camerarius, col significato di “addetto alla camera” (generalmente sottinteso “del tesoro” e “del sovrano”). Il significato del titolo e la funzione sono in parte confrontabili con quelle del cubiculario nel tardo Impero Romano, nell’Impero bizantino e nella Corte pontificia.
La struttura del palazzetto ha riportato danni in seguito al terremoto del 2009. Il suo restauro, interamente finanziato dalla Camera dei Deputati che ha stanziato oltre un milione di euro, è durato circa due anni. Tempi rapidi, come va riconosciuto: per fortuna ci hanno pensato, è evidente, fuori e lontano da L’Aquila.
La facciata, ricorda ancora Wikipedia, in asse con l’androne di Palazzo Pica Alfieri con cui instaura un rapporto diretto, si presenta racchiusa da pesanti lesene in pietra e suddivisa sui due piani da una cornice marcapiano, anch’essa in pietra. Due aperture archeggiate, alternate da tre finestre ogivali, dividono lo spazio della facciata e immettono nel palazzo; al piano superiore, in asse con i portali sottostanti, sono presenti invece due finestre rettangolari alternate da tre nicchie arcuate. Il tutto è coronato da un cornicione di gronda. Frontale alla facciata, su un piedistallo, è la statua di Carlo II d’Asburgo.
Il palazzetto è stato sempre poco usato. All’interno c’è un’aula arredata in legno.


01 Dicembre 2012

Categoria : Storia & Cultura
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