Giornalisti, bugie e leggi inadeguate
L’Aquila – (di G.Col.) – CLAMOROSE LE BUGIE SULLA SENTENZA AL PROCESSO GRANDI RISCHI – Dopo tanti anni e tantissime esperienze in vari mondi dell’informazione, possiamo dire con sufficiente percentuale di sicurezza che i giornali quasi mai raccontano cose non vere, bugie: se lo fanno, o è per un errore, o per un’insufficienza professionale del cronista (di questi tempi, la professionalità è un opzional per molti editori, che ne fanno a meno per pagare di meno). Raramente è per malafede.
Al processo alla Commissione grandi rischi è avvenuto: sono state scritte, anche a caratteri vistosi, delle autentiche, sfacciate bugie. In sostanza, ha mentito chi ha scritto che gli scienziati erano stati condannati “per non aver previsto il terremoto”. Non per errore.
Un clamoroso caso di menzogna giornalistica: clamoroso, per fortuna, quanto sporadico. Spesso le cronache abbandonano l’obiettività e il distacco, si enfatizzano, si forzano, si accentuano, ma di rado sono racconti di cose false. A L’Aquila è accaduto. Una triste pagina per una parte (per fortuna modesta) del giornalismo italiano abbagliato dai poteri forti e dall’autorevolezza di vip, grandi legali, uomini importanti e spalleggiati. Nessuno è stato querelato o chiamato a rispondere per aver propalato notizie false e tendenziose: eppure, la legge lo prevede.
Partiamo dalle bugie sul processo Grandi rischi, per parlare della nuova legge sulla diffamazione, che la politica italiana, come sempre debole, ipocrita e senza polso, ha preferito seppellire nelle sabbie parlamentari: se ne riparlerà , forse, nella prossima legislatura. Una patata bollente rilanciata nelle mani di chi sarà eletto nel 2013. Quando la nave affonda, i topi scappano. I politici sono più veloci di loro.
Il problema si può risolvere con coraggio e visione limpida delle cose.
La bugia, il falso, la diffamazione? Vanno puniti con rigore, ma senza persecuzioni e vendette del potere legislativo verso i giornalisti, ovviamente – come categoria – indigesti ad una classe politica tra le meno illumuminate e oneste del mondo: quella italiana. Giornalisti in galera? Perchè no, sono cittadini come gli altri, ma solo in casi gravissimi, estremi: ci mancherebbe pure che un parlamento in cui siedono pregiudicati e condannati, a piede libero e saccocce piene di soldi, mandasse in galera di scrive opinioni e diffonde idee…
Per chi scrive notizie false o diffamatorie, deve essere istituito l’obbligo rigoroso di pubblicare una rettifica chiara e completa, con lo stesso risalto della notizia diffamatoria, o anche di più, subito e senza alcun commento. Come avviene in Inghilterra: obbligo immediato di rettifica, divieto di commento alla rettifica. In più, deve essere comminata una pena con conseguenze anche accessorie (sospensione dalla professione o cose del genere) per periodi adeguati. Quindi, anche dallo stipendio. La sanzione può essere unicamente pecuniaria, e l’editore del giornale deve venire incontro economicamente al giornalista diffamante.
Tutto qua. E’ consolidata abitudine dei giornali italiani, ma soprattutto delle tv, o non pubblicare rettifiche, o minimizzarle in poche righe o pochi secondi in tv. Una pessima abitudine, già oggi vietata, ma sempre tollerata e applicata da tutte le testate. Una prepotenze e una scorrettezza. Dove è stato il potere politico fino ad oggi, ben conoscendo questa stortura?
Chi diffama deve prima di tutto scusarsi, riconoscere il proprio errore e metterlo in risalto uguale a quello usato per la notizia diffamatoria. La rettifica, nella maggior parte dei casi, è sufficiente a rendere giustizia a chi è danneggiato da una falsità .
E’ così difficile per la politica emanare norme tanto semplici, magari copiandole da altri paesi più civili, e imporle senza mandare in galera questo o quello, e senza farne, soprattutto, un caso sproporzionato e ridicolo? Su una cosa saranno tutti d’accordo: ci sono problemi più gravi, di quello della detenzione del direttore del Giornale in casa Santanchè. Per quel signore, una simile pena non sarà la gogna o la tortura, immaginiamo. E allora, facciamola finita e la politica, una volta tanto, si comporti dignitosamente. Anche qualche giornale faccia altrettanto.
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