Toccando ferro, siamo pronti al peggio?


L’Aquila – (di G.Col.) – (Foto: i segnali per le aree di attesa e sotto faglie sismiche in Emilia e ad Onna) - Forse è uno sciame (interminabile, però) che discende diritto dal sisma dell’aprile 2009. Qualche scienziato, tra gli intervistati, pensa (o spera?) che sia così. Ma non può esserne sicuro. Altri parlano linguaggi fumosi, edificati su ipotesi e statistiche, su dati storici e su terremoti del passato. Dei quali, in molti casi, non sappiamo neppure dove esattamente siano stati generati o da quali faglie.
Magari si sarebbe dovuto farlo già tanti anni fa, almeno per creare un’educazione sismica, una coscienza del rischio che tutti, da sempre, hanno corso. E che corriamo. In base anche ad allarmi scientifici diffusi negli ultimi vent’anni, e sempre oscurati, ignorati, nascosti nei cassetti.
Anche se c’è chi preferirebbe continuare ad oscurare, le notizie sui terremoti non possono essere oscurate. E noi le diamo tutte. Anzi, diamo anche quelle di fenomeni lievi, sotto il 2 Richter, valore che a qualcuno sembra una sorta di confine. Ma non lo è. Il terremoto c’è anche quando è debole. E’ significativo che ci sia, non solo di quale valore Richter sia stato.
Nelle ultime settimane ci sono stati più terremoti del “normale”. Tra i quali due scosse forti (3,6 e 3,2 Richter), e molte scosse deboli ma superiori al 2 Richter. Non bisogna valutare solo l’intensità del fenomeno, ma anche la sua frequenza, che può destare qualche preoccupazione, se varia significativamente. Ben sapendo che niente è sicuramente prevedibile, in questo campo. Dunque bando agli allarmismi, ma bando anche alla superficialità e alla voglia di qualche politico e di qualche istituzione di “insabbiare”, o almeno minimizzare. Se non si può prevedere, nessuno può neppure escludere, giusto?
Teniamoci ai fatti.
Toccando ferro (che altro possiamo fare?), chiediamoci se siamo pronti al peggio.
Inevitabile una risposta negativa: non lo siamo.
Per due semplicissimi motivi. 1) I puntellamenti sono sicuramente malfermi e comunque compromessi da tre anni e mezzo di caldo, freddo, neve, scosse, deterioramento fisico delle strutture. 2) I piani di prevenzione e accoglienza della popolazione non esistono, come non esistevano in passato. A zero eravamo, a zero siamo. Esercitazioni in fabbriche, ospedale, cliniche, uffici e scuole? Mosche bianche. Fatti nessuno, parole tante. In qualche scuola si insegna la storia sismica della città? Si spiega cos’è una faglia e come si “carica” nel tempo? Esistono mappe fruibili delle faglie aquilane e abruzzesi? Sappiamo, insomma, di dover convivere con il terremoto (oggi e anche domani) e di dover abitare solo in case sicure, di doverle pretendere?
Una signora anziana ha detto in tv: “Ju terramutu? ormai ci semo abituati…”
La cronista (una volta tanto intelligente…) ha insistito: “Signora, ma lei non conosceva il terremoto?”. L’intervistata è corsa via chinando la testa. Figuriamoci cosa ne sanno i più giovani!
Il Comune sostiene di aver informato la popolazione assegnando ad ogni comunità un’area di attesa. Cosa sono? Piazze e larghi esistenti, semplici luoghi più spaziosi, quasi sempre tra case alte e dunque pericolose anche per un assembramento di persone che dovesse formarsi per un terremoto. Altro non è stato fatto, nonostante le chiacchiere, ed è davvero inquietante. Moltissimi cittadini non hanno mai ricevuto il depliant che si dice sia stato predisposto e diffuso. Moltissimi – specie gli anziani – non sono in grado di usare internet. L’informazione doveva essere più dettagliata, accurata, quartiere per quartiere. Le aree dovevano essere attrezzate, ripulite, preparate. Inalberare dei cartelli non basta, ma è quello che è stato fatto.
E’ incomprensibile la chiusura del centro dopo la scossa 3,2 di due giorni fa, ma non dopo quella 3,6 di una dozzina di giorni fa. Cosa ha indotto le autorità a parlare di una chiusura per verifiche ai puntelli, di una decina di giorni? Forse fra dieci giorni i puntelli saranno più robusti, o guariranno dal loro degrado?
Il sindaco ha negato che esistano allarmi o dichiarazioni di emergenza, e ha fatto bene, perchè nessuno ne ha parlato. Nessuno. Ma molti non capiscono cosa sia accaduto di diverso il giorno 17, rispetto a tante altre circostanze simili verificatesi nelle ultime settimane. Scosse in continuazione, ma non tali da rendere un puntellamento precario, se già non lo era prima. Perchè il 17 si decide di bloccare di nuovo la zona rossa? C’è gente che vi abita: cosa deve fare? C’è gente che, costretta, è tornata a vivere in edifici completamente circondati da macerie, siti pericolanti, caseggiati pencolanti, stradine a rischio blocco. Prima di raggiungere le proprie aree di attesa, quandi potrebbero essere bloccati da possibili nuovi crolli?


18 Novembre 2012

Categoria : Cronaca
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