Lavoratori rovinati, numeri che crescono
L’Aquila – LA CITTA’ CHE DEVE ESSERE ASCOLTATA MA NESSUNO ASCOLTA – Esistono numeri che salgono e numeri che scendono, misure di grandezze diverse, non solo negative. A L’Aquila, invece, ci sono solo numeri che salgono, ma indicano solo situazioni di disagio e di disfacimento sociale. Sono i numeri dei lavoratori che non sono più tali, che vengono cancellati o emarginati.
Scrive Stefano Palumbo, consigliere comunale del PD: “Da qualche giorno altri 45, che vanno a fare compagnia ad altri 68, che già si erano aggiunti ad altri 33 e così via in una catena interminabile, iniziata qualche anno fa, proseguita con incessante accelerazione e destinata a continuare, lasciandosi dietro vuoto e disperazione.
Parlo solo di numeri (quelli citati si riferiscono ad alcune aziende del polo elettronico aquilano: Technolabs, Intercompel e PA service), perché questo ormai sono i lavoratori in Italia, equiparati alle cifre con cui quotidianamente veniamo bombardati affinché si prenda collettivamente coscienza della “vitale” necessità di risanare i conti pubblici.
I conti prima di tutto, poi la vita delle persone, al punto che l’attuale Governo nell’ultimo decreto legge ha dovuto racimolare qui e la i fondi per i malati di SLA, soltanto numeri anche loro, purtroppo.
Ci sono numeri e numeri, però, e quelli relativi ai livelli occupazionali della provincia dell’Aquila cominciano ad assumere un significato sempre più amaro; soprattutto nel nostro Comune, dove gli ultimi dati fotografano una realtà che vede un tasso di disoccupazione giovanile del 36,5%, come se tutti i ragazzi “choosy” avessero deciso di vivere qui a L’Aquila. Per non parlare di tutti quelli che il lavoro lo hanno perso o lo stanno perdendo, senza alcuna prospettiva di ricollocazione e con una famiglia da sostenere; nel frattempo imprenditori locali e rappresentanti di categoria alzano la voce, giustamente, contro le ultime decisioni del governo in merito alle restituzione delle tasse ed alle modalità di erogazione dei fondi per la ricostruzione che, se messe in atto, sancirebbero il colpo di grazia alla nostra città.
Eppure, all’indomani di quel tragico terremoto, in una città avvolta dall’affetto di un’intera nazione e incantata dinanzi al “miracolo italiano”, chi avrebbe mai pensato che a distanza di soli 3 anni nel “più grande cantiere d’Europa” potessero esserci imprese edili sull’orlo del fallimento e con operai in cassa integrazione?
Una delle tante contraddizioni, che caratterizzano ormai la vita quotidiana a L’Aquila, dove il piacere di rientrare nella propria abitazione riparata contrasta spesso con l’impossibilità di tornarci a vivere serenamente a causa della perdita dell’unica forma di reddito; una realtà dove la Regione Abruzzo annuncia un abbattimento di IRPEF e IRAP e nello stesso tempo lascia per strada i lavoratori di Abruzzo Engineering che così, senza un reddito, non dovranno neanche più preoccuparsi di pagarle quelle tasse. Una città, quella dell’Aquila, dove con i centri storici ancora completamente da ricostruire, molti dei precari impiegati negli enti locali per la ricostruzione e di quelli assunti dall’ASM per la rimozione delle macerie torneranno presto a casa, o più probabilmente nel progetto CASE.
Tante contraddizioni, troppe forse, che a macchia d’olio hanno ormai coinvolto tutte le categorie, minando le aspettative di tutte quelle persone che hanno fatto della ricostruzione della propria città una scelta di vita, una scelta di amore e di coraggio.
Ma in qualche modo bisogna uscirne, quantomeno bisogna provarci, non si può rimanere inermi di fronte ad un’emergenza che incredibilmente nella nostra città sta diventando più seria e preoccupante di quella abitativa. Ed è compito della politica trovare soluzioni, a tutti i livelli, statutariamente come nel caso di Provincia e Regione e moralmente per quanto riguarda l’Amministrazione Comunale; mi unisco allora alla proposta di Appello per L’Aquila di convocare un Consiglio Comunale straordinario, possibilmente aperto a tutte le realtà produttive, sindacali e sociali e possibilmente, almeno per una volta, costruttivo e libero dai giochi di appartenenza all’una o all’altra parte politica.
La città ha disperatamente bisogno di essere ascoltata. Non farlo sarebbe un delitto”.
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