Dissesti e assicurazioni sui rischi


L’Aquila – Carlo Frutti, presidente dell’associazione nazionale difesa del suolo, ha inivato una lettera aperta al capo della Protezione civile Gabrielli, premettendo che “i cittadini non possono garantirsi da soli con una assicurazione contro il dissesto idrogeologico ed i rischi naturali. Lo Stato non abdichi al suo compito di messa in sicurezza del territorio£ .
Ecco la lettera: “Stimato Prefetto Gabrielli, convengo con Lei che occorre investire in un programma serio di messa in sicurezza del territorio che consenta a questo Paese di non cadere a pezzi più di quanto stia facendo.
E l’unica ricetta è la prevenzione che si può fare con le risorse che ci sono ma che, bisogna immaginare un percorso più strutturato di messa in sicurezza, che preveda investimenti non eclatanti, ma certi e sicuri.

L’apprezzamento personale per il suo operato a L’Aquila e nella governance della “maltrattata” Protezione Civile mi consentono, però, di non essere pienamente d’accordo con la Sua proposta di rendere “obbligatoria” una assicurazione per tutti i cittadini – e non solo per le aziende come sarebbe invece auspicabile – contro terremoti , alluvioni, catastrofi.

Sono certo che non è nell’intenzione della Sua proposta, che leggo, invero, come una tutela “ulteriore” per il cittadino, il tentativo di ribaltare sul privato la soluzione del problema del dissesto territoriale e dei rischi naturali, ma non vorrei che nella mente dei più, e dei politici in particolare, passasse l’idea che lo Stato possa disinteressarsi, abdicare al problema del “rischio” ambientale e naturale lasciando a “noi” il compito di “vedercela” con le assicurazioni.

I disastrosi eventi climatici degli ultimi giorni, che hanno devastato e causato vittime, richiamano l’attenzione sulle cause del dissesto idrogeologico del nostro paese; arriva una pioggia e drammaticamente “riscopriamo”, a volte sembra quasi con sorpresa, quanto fragile e dissestato dalla mano dell’uomo sia il nostro Paese.

Più di 6.600 comuni italiani, centinaia in Abruzzo, in pericolo per la fragilità del suolo; 8 comuni su 10 sono ad alto rischio e quando piove, o nevica, o soffia forte il vento, ce ne accorgiamo drammaticamente, per non parlare del rischio sismico e di quello inquinamento.

Per un piano vero e concreto di riassetto idrogeologico servirebbero circa 40 miliardi. Troppi? Il costo sostenuto per riparare i danni negli ultimi 60 anni è stimato in 52 miliardi, 22 solo negli ultimi due decenni: circa un miliardo all’anno. Mentre i morti negli ultimi 50 anni sono stati 4.122 (3.407 per frane e 715 per alluvioni).
E gli eventi aumentano. Nel periodo 2002-2011 vi sono state più di 120 frane all’anno.

Tutto questo dice che quei miliardi da spendere per la prevenzione non sono poi così tanti né troppi; non sono tanto una spesa quanto un investimento.

info@difesadelsuolo.it – www.difesadelsuolo.it

Quale assicurazione potrebbe coprire i danni che lo Stato fa fatica a rimborsare ?
E basti “solo” pensare alla mancanza di fondi per l’ultima “emergenza neve”, mai rimborsarti da Stato e Regioni, che rischiano di mettere in ginocchio tanti Comuni montani che non possono pagare le spese per l’emergenza e sono “impotenti” ad affrontare il prossimo inverno.

l’Italia è stretta in una morsa, da un lato il quadro normativo confuso in cui si intrecciano norme europee, nazionali, regionali che faticano ad integrarsi perché prive di un disegno unitario e coerente e dall’altro l’inadeguatezza delle risorse finanziarie che impediscono di realizzare misure strutturali di difesa dal rischio idrogeologico.

Per questo non è pensabile che lo Stato abdichi ad un intervento urgente ed indispensabile di messa in sicurezza del territorio con una programmazione di opere di prevenzione che superi, però, il concetto dei confini amministrativi e si ragioni con un’unità di territorio, ad esempio il bacino idrografico, evitando di lasciare, come spesso avviene, la scelta degli interventi alle singole amministrazioni comunali senza tener conto di un quadro d’insieme.
Su un territorio in stato di devastazione come quello italiano non basta, infatti, intervenire “puntualmente” per consolidare versanti e centri abitati, né per alzare argini.

Non sono, altresì, esaustivi i numerosi piani (leggi PAI) e la pletorica (e costosa) cartografia prodotti senza una puntuale e condivisa conoscenza, tra tecnici ed imprese, tra amministratori locali e parti sociali, delle problematiche, delle emergenze, delle modalità d’intervento e delle tecnologie innovative da applicare, senza una nuova cultura della qualità nelle scelte progettuali ed esecutive.

Così come è necessario un percorso sulla ricerca sui rischi naturali, oggi totalmente ignorata dal Piano Nazionale della Ricerca del nostro Paese, che porti ad un “piano strategico di prevenzione” con la consapevolezza che prevenire è meglio che intervenire a danno avvenuto, ma che, soprattutto la prevenzione costa un decimo dell’emergenza.

Occorre tenere conto delle esperienze e dei disastri che, nel passato, in altre nazioni europee, hanno determinato politiche e progetti poco attenti alla tutela del territorio, così come delle esperienze positive e preveggenti di salvaguardia.

E’ impensabile ipotizzare una crescita industriale ed economica in generale, dall’insediamento urbano, alla costruzioni di infrastrutture di comunicazione e di servizio, senza valutare l’impatto determinato sull’ambiente, senza prevenire i possibili dissesti determinati dalle modificazioni imposte al territorio.

Allora pensiamo realisticamente ad un piano pluriennale di messa in sicurezza del territorio, anche con l’intervento di investimenti privati, comprendendo che la sicurezza è sinonimo di sviluppo: un territorio sicuro garantisce investimenti e crea occupazione.

Carlo Frutti
Presidente dell’Associazione Nazionale Difesa del Suolo

info@difesadelsuolo.it – www.difesadelsuolo.it


15 Novembre 2012

Categoria : Cronaca
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