Torna in aula la morte di Morosini


Pescara – (di Stefano Leone) – (Foto: il tribunale di Pescara, ingresso e un’aula) – Come abbiamo riferito in cronaca nei giorni scorsi, c’è stato in tribunale l’incidente probatorio sulla morte del calciatore del Livorno Piermario Morosini, avvenuta il 14 aprile scorso allo stadio “Adriatico Cornacchia” a seguito di un malore mentre era in corso la partita di calcio Pescara – Livorno. Approfondiamo oggi questo aspetto giudiziario della vicenda.
A disporlo e’ stato il GIP Maria Michela Di Fine sul richiesta del PM che si sta occupando del caso, Valentina D’Agostino. Nel corso dell’incidente probatorio e’ stato affidato l’incarico ai periti. Le operazioni peritali prenderanno il via il 6 dicembre a Foggia e il 17 dicembre proseguiranno a Milano. Dal 6 dicembre i periti avranno 90 giorni per depositare le perizie. I periti di parte sono: per la parte offesa Cristina Basso; per Paloscia, Maria Rosa Aromatario e Rodolfo Proietti; per Sabatini, Cinzia Barletta; per Porcellini Luigi Papi e Mario Marzilli, per Molfese, Luigi De Pascalis. L’incidente probatorio e’ stato chiesto dal PM e diposto dal GIP con finalita’ ben precise. E’ cioe’ finalizzato all’accertamento delle cause del decesso, alla verifica del comportamento dei sanitari che sono intervenuti e hanno prestato soccorso a Morosini nell’immediatezza del malore e, in particolare, serve a verificare se siano ravvisabili profili di negligenza, imprudenza e imperizia con riferimento alle procedure diagnostiche e terapeutiche seguite, anche in relazione al mancato utilizzo della strumentazione disponibile. Attraverso l’incidente probatorio si punta anche all’accertamento della corretta condotta, che avrebbero dovuto tenere i sanitari, secondo le regole che disciplinano la materia e alla verifica del nesso di causalita’ tra la condotta colposa, eventualmente ravvisabile, nel caso concreto ed il decesso di Morosini. La prossima data dell’incidente probatorio e’ stata fissata al 19 aprile prossimo. Al termine dell’udienza del 19 aprile prossimo spetterà al Pm Valentina D’Agostino trarre le conclusioni e decidere se chiedere di prosciogliere o di rinviare a giudizio i quattro medici indagati. Secondo quanto è emerso dalla perizia dell’accusa, Morosini sarebbe morto per una cardiopatia aritmiogena, ma secondo i periti del Pm se i sanitari in campo avessero usato un defibrillatore Morosini avrebbe avuto “ragionevoli” possibilità di essere salvato. Per la morte del centrocampista 25enne sono indagati per omicidio colposo il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, quello del Pescara Ernesto Sabatini, il medico del 118 in servizio quel giorno allo stadio, Vito Molfese, e il cardiologo Leonardo Paloscia, direttore dell’Unita’ Coronarica e Cardiologia Interventistica dell’ospedale di Pescara. Il GIP aveva gia’ nominato tre periti: Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato. Come abbiamo anzidetto, tutto ciò è finalizzato all’accertamento delle cause del decesso, alla verifica del comportamento dei sanitari che sono intervenuti e hanno prestato soccorso a Morosini nell’immediatezza del malore e, in particolare, serve a verificare se siano ravvisabili profili di negligenza, imprudenza e imperizia con riferimento alle procedure diagnostiche e terapeutiche seguite, anche in relazione al mancato utilizzo della strumentazione disponibile, bene, quello che appare poco comprensibile è, nell’ottica del suddetto accertamento delle cause, il coinvolgimento del Dott. Leonardo Paloscia. Ricordiamo che quest’ultimo, si trovò sul campo di gioco accanto alla barella di Morosini e, successivamente sull’ambulanza per il trasporto in ospedale, solo perché egli stesso fu spinto dalla sola forza della coscienza di uomo e di professionista della medicina a catapultarsi letteralmente sul campo dagli spalti dove stava assistendo, come migliaia di altri tifosi, alla partita. Egli arrivò sul terreno di gioco dopo circa 5 o 6 minuti dal momento in cui il povero Morosini ebbe il malore dunque, quello che avvenne sul campo durante quei minuti è oscuro al Dott. Paloscia. Altra considerazione che lascia perplessità è il fatto che il professionista pescarese è un medico ospedaliero e non un sanitario di emergenza sul territorio dunque, tecniche di soccorso e apparecchiature da pronto intervento esterno sono a lui non consuete. La domanda è: si può ragionevolmente imputare ad un professionista che, volontariamente e sulla base di uno spirito innato nel prestare competenze ed esperienze anche quando non è nell’esercizio delle sue funzioni, solo perché spontaneamente ritiene che intervenire è per lui un “atto dovuto”? Il Dott. Paloscia in quel disgraziato pomeriggio di quel Pescara-Livorno era un tifoso; un tifoso che nel momento di necessità ha sentito il dovere di intervenire. Alla luce di questo una cosa è ascoltarlo come informato sui fatti, altra cosa è indagarlo come fosse parte in causa nell’esercizio delle funzioni.


11 Novembre 2012

Categoria : Cronaca
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