La baraonda delle carte bollate


L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – Una placenta di insofferenza contro il dispotismo statale, cupo, almeno agli occhi di molti. Una ridda di ricorsi e impugnazioni che sa di parossismo, o di disperazione, secondo i punti di vista. E’ lo scenario nazionale e locale del Paese in questi giorni. Monti e i suoi ragionieri di lusso, i suoi tecnici della potatura, sono in serpa che conducono la diligenza impazzita, tengono le redini ma faticano ogni giorno di più. Tribunali e corti supreme sono incalzati da una caterva crescente di carte bollate in cui si eccepisce su tutto, o quasi. L’Italia non vuole lasciarsi cambiare, e si accorge che dopo tanti sacrifici, le cose non migliorano. Non ce la facciamo ad afferrare la corda scivolosa che si lancia a chi è nelle sabbie mobili.
L’Italia, riflettete, è nelle mani delle procure e dei tribunali amministrativi. A livello nazionale ci sono ricorsi (in discussione a cominciare proprio da domani) di regioni e di province. Sono tanti e si levano da mezza Italia, perchè i poteri politici locali non ci stanno a sentirsi mancare le poltrone da sotto i glutei adiposi e chiattoni. La riforma dello Stato a suon di tagli e riduzioni di prebende e benefici incontra ostacoli, febbrili resistenze a piedi puntati, forse molti di più di quanti ne potesse immaginare. Gli ostacoli diventano montagne hymalaiane quando si punta a tagliare stipendi aurei, privilegi, poltrone, superfetazioni della politica da basso impero che ha dominato il Paese per decenni.
Lasciando il panorama nazionale, e scendendo nel particolare, in Abruzzo, troviamo le procure, che spazzano con le loro inchieste malaffare, oscure trame, furbizie lucrose, illegalità e illegittimità dalle radici profonde. La finanza è superattiva, e magari ci si potrebbe chiedere perchè non sia accaduto molto prima. Perchè non sia stata attivata da altri governi e da altri poteri, che ben sapevano in quale mare di illegalità fiscale nuota l’Italia. Ma selva oscura dei ricorsi (magari più annunciati che presentati) riguarda la regione, le province, ribolle nelle ire dei sindaci che pensano a secessioni tanto fantasiose, quanto improbabili, ma agognate. Scendendo ancora, ci imbattiamo nel concorsone aquilano che sembra un campo minato, è disseminato di ricorsi al TAR, denunce, esposti, impugnazioni, elucubrazioni su presunte fughe di notizie sui quiz. Una tempesta senza confini, un subbuglio. Difficile pensare che in un clima simile, a livello locale, si trovi davvero la strada per fare l’unica cosa davvero vitale: la ricostruzione. Che ogni giorno diventa sempre più una ricostruzione più sociale, psicologica, economica, che fisica. Non è un momento facile, anzi è più difficile di quanto il più pessimista potesse prevedere. Eppure bisognerà, prima o poi, venirne fuori come da una epica procella. Venirne fuori con le unghie e con i denti, e un forsennato sforzo collettivo. E’ dovere di tutti non lasciar spegnere la speranza.


05 Novembre 2012

Categoria : Cronaca
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