E l’aeroporto internazionale sta a guardare
Pescara – (di Stefano Leone) – Il turismo è da sempre un fenomeno strettamente connesso alla mobilità. Alle rinnovate aspettative del turista, alla dinamicità presente nei processi di scelta, dovrebbe rispondere un’attenzione sempre maggiore alla fruibilità del prodotto. Un risultato ottenibile attraverso due sostanziali strategie: la promozione dell’offerta attraverso una comunicazione mirata e la cura nello sviluppare le condizioni necessarie per una facile accessibilità delle bellezze di un paese, di un territorio. Se la prima strategia è stata ampiamente agevolata dall’utilizzo degli strumenti dell’informatica e dalla crescita delle competenze tecniche relative al marketing di prodotto, la seconda risente ancora di una stretta correlazione con quelle che sono le politiche economiche e strategiche di una regione.
Analogamente se la prima strategia è agevolmente ottimizzabile da una qualsiasi impresa turistica, la seconda è coercitivamente imposta dalle decisioni che “provengono dall’alto”. Spesso si discute molto sulle potenzialità inespresse dell’Abruzzo nel settore del turismo. Tutti sanno che l’Abruzzo è un territorio che può contare di una storia artistica, culturale, paesaggistica come pochissimi, ma anche di una ricchezza territoriale che si evince dalle innumerevoli proposte “tipiche”, (per tutte le numerose imprese vignaiole, olearie e della pasta), eppure tutti questi talenti non vengono adeguatamente incanalati in un processo virtuoso, che ci garantirebbe un posto di primissimo piano in Italia e in Europa. Da candidati a una vittoria schiacciante sui nostri “avversari” sia nazionali che europei siamo dunque passati a una posizione di rincalzo nel ranking del settore. Le cause di questo insufficiente rendimento non vanno ricercate in una mancanza di impegno della piccola e medio impresa che pure cerca di rimanere competitiva nonostante il momento ma da una classe dirigente spesso poco “dirigente”, debole nella costruzione delle strategie, non di rado impegnata a supportare più l’interesse personale che non l’escalation d’impresa.
Non immune da colpe gravi anche la classe politica, spesso miope non per patologia ma per interesse; anch’essa debole nell’imporre linee guida e aiuti sensibili a chi produce ricchezza, ma forte nel pianificare scientemente tecniche e tattiche che subdolamente hanno prodotto danni irreparabili. Uno studio IS.NA.RT., (Istituto Nazionale Ricerche Turismo), della fine ha evidenziato le carenze, speriamo non croniche, dell’Italia a livello infrastrutturale. Carenze che in modo ancor più cronico, e quasi allo stadio terminale, le ha evidenziate l’Abruzzo che, con le sue infrastrutture, è salito nella classifica di una ipotetica “black paper” delle inefficenze, invece di far registrare un trend di rendimento positivo. Una regione le cui infrastrutture, potrebbero e dovrebbero eccellere per dinamismo e virtuosità, attraendo investimenti dall’Europa e ingolosendo imprenditori nell’investire capitali. Invece registriamo un porto, quello di Pescara città motore della regione, letteralmente impantanato nelle sabbie di un mancato dragaggio che lo rende ancora oggi inutilizzabile; due aeroporti, Pescara e L’Aquila che stentano a trovare la giusta collocazione nel panorama dell’offerta del trasporto aereo.
Il discorso si fa ancor più difficile con il piano nazionale di riordino degli aeroporti con l’ottica della buona gestione della spesa pubblica. I dati dell’aeroporto Internazionale d’Abruzzo di Pescara non sono affatto confortanti; “… nonostante l’incremento dei voli nazionali, i dati del mese di luglio scorso danno un preoccupante -11% sui voli internazionali, mentre sul totale si registra un – 6%”. Fu questa la dichiarazione del capo gruppo PdL al Comune di Pescara Armando Foschi in relazione al traffico passeggeri sullo scalo pescarese. Questa dichiarazione fu la risposta al Presidente della SAGA, (Società Abruzzese Gestione Aeroporto), Lucio Laureti che, i primi giorni dello scorso settembre, diede pubblica dichiarazione affermando personale soddisfazione riportando, invece, un dato passeggeri, positivo: +4%. Allora andiamo a vedere i dati, inerenti il traffico passeggeri, riportati da Assaeroporti e riferiti a settembre scorso non essendo ancora disponibili quelli del mese di ottobre appena terminato:
PASSEGGERI (Settembre/2012) AEROPORTO PESCARA
Naz.li % Intern.li % Transito % Tot. % Av.ne Gen.le % TOTALE %
23.540 -1,4 31.080 -3,8 / -100,0 54.620 -3,5 284 -18.4 54.904 -3.6
Il segno negativo, come dimostrano i dati, è imperante per una infrastruttura fondamentale per la regione Abruzzo come l’aeroporto di Pescara. E’ verosimile pensare che il principale traino all’aumento dei passeggeri sia costituito da un’offerta variegata, capace di attrarre tipologie di clienti differenti. Senza un aumento delle opzioni a disposizione del passeggero, sia direttamente in termini di numero di velivoli che in termini di disponibilità di accesso a differenti e vantaggiose tipologie di offerte, difficilmente i cieli abruzzesi potranno avvicinarsi a quelli di altre realtà. Il dato più preoccupante, anche nel caso del sistema aeroportuale, così come per il sistema ferroviario, è che le distanze tra l’Abruzzo e i paesi europei sembrano dilatarsi. Il settore è certamente scosso dalla crisi, (prima fra tutte quella dell’Alitalia ma anche delle compagnie che falliscono tipo WindJet), ma anche da una mancata rispondenza tra le istanze degli operatori e la classe politica, che nell’ultima Finanziaria ha introdotto delle norme per il trasferimento al demanio delle aeree aeroportuali, cosa che potrebbe aprire una breccia verso un lungo contenzioso tra Stato e società di gestione. E, a proposito di società di gestione, le preoccupazioni non escludono la SAGA, la società che gestisce i servizi nello scalo abruzzese; preoccupazione per una situazione finanziaria che se non supportata economicamente dall’immissione di denaro fresco rischia addirittura di non poter neanche pagare gli stipendi di ottobre e novembre ai dipendenti. La società, il cui azionariato societario, è composto per l’85% da Enti Pubblici (Regione Abruzzo, Camere di Commercio di Pescara, Chieti, Teramo e l’Aquila) e per il 15% da soci privati. La Regione Abruzzo con il 41,30% rappresenta il socio di maggioranza relativa. E dovrà essere proprio l’Ente regione a dover sborsare circa 5 milioni di euro da versare per non far affogare la SAGA. Tuttavia, per rimanere in tema di competitività, è l’integrazione tra diverse tipologie di spostamento, e tutte all’avanguardia, a rappresentare il dato più significativo, che potrebbe garantire l’ottenimento dei risultati auspicati. Vogliamo dire che l’aeroporto da solo non otterrebbe mai la prima posizione della hit parade del turismo. Allo scalo pescarese andrebbe affiancato lo sfruttamento di una linea ad alta velocità Pescara-Roma per collegare la città adriatica alla capitale. Il raccordo tra aeroporto e linea ad alta velocità permetterà al turista di sfruttare le opzioni più consone e garantirà una visibilità maggiore anche al territorio in cui è ubicato lo scalo. Anche la Francia si sta muovendo verso uno snellimento della propria dotazione aeroportuale, lasciando spazio a iniziative meno “ortodosse”. Non molto tempo fa, ad esempio, è nato il primo aeroporto low-cost: l’MP2, uno scalo ricavato da un ex magazzino merci, senza computer nè aria condizionata, dove il confort e il servizio vengono sacrificati per garantire agli utenti dei costi più bassi. Non crediamo che queste possano essere le credenziali che l’infrastruttura aeroportuale di Pescara debba seguire ma piuttosto una operatività sinergica fra trasporto aereo, trasporto veloce su rotaie e sinergia con realtà di impresa sul territorio come ristorazione, recettività e visibilità di realtà produttive abruzzesi. Ricordiamoci che, nel sistema di riordino del trasporto aereo del ministro Bianchi, dovrebbero essere declassati a scali “regionali” gli aeroporti che non raggiungeranno i 5 milioni di passeggeri l’anno. Un dato “minimo” che spaventa molti scali, tra cui Napoli Capodichino, Bergamo Orio al Serio, Roma Ciampino, Palermo Punta Raisi, Bologna Borgo Panigale, Verona Villafranca, Cagliari Elmas e Firenze Peretola. Figurarsi Pescara. Se verranno retrocessi a scali “regionali” questi aeroporti non potranno garantire tratte intercontinentali e verosimilmente avranno a disposizione minori risorse, (per Pescara vedasi Toronto). L’ultimo dato da mettere in evidenza è la poca coordinazione tra la politica nazionale e quella più territoriale; se il disegno di legge intende rafforzare gli scali principali a scapito degli aeroporti minori, molte regioni hanno già espresso la volontà di utilizzare parte dei finanziamenti dell’Unione Europea per attivare dei collegamenti low-cost. L’ultima regione, in ordine di tempo, a esprimere questa intenzione è stata la Puglia, che dovrebbe utilizzare 63 milioni di euro provenienti dai fondi strutturali europei per attivare 24 nuove rotte che colleghino le città di Bari, Brindisi, Taranto e Foggia. E l’Abruzzo e Pescara cosa fanno? La regione riparte se gli abruzzesi si muovono.
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