Il concorsone finisce in rissa da pollaio


Si intuiva che in un concorso con 36.000 domande, 17.000 aspiranti concorrenti, un pacco di vite appese a quiz e scartoffie, dovesse finire male. E’ finita a risse da pollaio, esposti, ricorsi, e quasi certamente un blocco dal quale non si sa nè come, nè quando si uscirà. Risultato, centinaia di precari che rimangono tali, cioè senza presente, senza futuro, disgustati dalla politica e anche dall’azione di governo. Doveva essere rigorosa e rapida, si sta rivelando un pasticcio maleodorante. Un’italianata delle peggiori, con esiti nefasti, perchè vengono tritati dei cittadini che legittimamente aspiravano ad un diritto: il lavoro. Mai la Costituzione italiana è stata tanto tradita e vilipesa, allorchè sostiene che la Repubblica è “fondata sul lavoro”.
La soluzione c’era, e bisognava seguirla dall’inizio, come in tanti, sempre inutilmente, chiedevano: assorbire tutti i precari impegnati nella ricostruzione, dal 6 aprile 2009 in avanti, e non produrne mai più neppure uno. Il precariato è una piaga purulenta, uno stato di fatto che in Italia non è accettabile.
Si è scelta la strada farraginosa del concorsone, un elefantiaco, asmatico meccanismo messo in piedi tra pecche, errori, illegittimità (dicono i ricorrenti), e ora anche giochetti non limpidi. Si è creduto che il paese più arraffone, confusionario, disonesto del mondo occidentale (l’Italia) potesse comportarsi correttamente, e come sta emergendo, non è stato così. Nella disperazione dei senzafuturo si è giocato il tutto per tutto, ed è venuta fuori l’immancabile pecca. Con polemiche furiose, isteriche, una buriana vera e propria.
E ora bisogna uscirne, mentre starnazzano e strepitano tutti. Nel modo più decoroso possibile, se decoro è ancora una parola che ha senso.



02 Novembre 2012

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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