Parlano, ma non sanno cosa dicono…

L’Aquila – Scrive Franco Taccia: “Gentile Direttore, da giorni non si legge altro che la serie dei “pareri contrari” e delle “polemiche” sulla recente sentenza del Tribunale de L’Aquila.
Hanno tutti, dico tutti, una caratteristica comune. Ad eccezione delle parti in causa, ovviamente mi riferisco ai legali della difesa, sono espressi da persone che non hanno la piu’ pallida idea di come e perche’ nasca un processo, di quali siano i meccanismi in base ai quali un Giudice, applicando leggi fatte in Parlamento e non a Palazzo di Giustizia, condanna per esempio un assassino a 15 anni e non a 1500 anni come tutti vorrebbero oppure affibbia solo tre anni a chi ha commesso falso in bilancio anche se ne meriterebbe 50. Sia buono, mi dica che sbaglio o spieghi alla gente di poca fede come stanno le cose.
Grazie”.
(Ndr) – Caro Taccia, grazie per le sue argute e sintetiche osservazioni. Brevi e significative, al contrario di tante fesserie e discorsi ridondanti che brulicano ovunque. A spiegare qualcosa a qualcuno abbiamo rinunciato da tempo per due motivi: non ne siamo quasi mai all’altezza (in qualità di piccoli e modesti uomini qualunque); risulta del tutto inutile, perchè troppi non vogliono capire, si rifiutano di ascoltare o leggere. Amano lo sproloquio e le proprie idee, o almeno quelle che ritengono idee. Dunque, meglio parlare di fisica quantistica o di lontane stelle, come facciamo qualche volta. La gente faccia e dica ciò che vuole, e sia artefice del proprio presente o futuro, se ci crede. In tanti faranno come in Sicilia: non andranno a votare, credendo di aver punito i politici. Invece hanno mandato in sella un tizio, che non rappresenta certo il popolo siciliano, ma se stesso e quei pochi che hanno votato. La Sicilia è, sotto questo aspetto, l’Italia intera.
Ricorda? Unicuique suum. Che saggezza, l’Osservatore Romano…

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