Uragani e tempeste


(di Carlo Di Stanislao) – Tutto come previsto con Sandy che allaga New York, uccidendo 13 persone (16 in tutta la costa orientale e una in Canada) e allagando un’area grande come l’Italia, con ben 11 stati e 3 milioni di persone senza luce.
A New York sette gallerie della metropolitana, sei depositi degli autobus e molti tunnel sono completamente allagati e Lower Manhattan è senza elettricità, in seguito all’esplosione di una centrale elettrica. Il presidente della Metropolitan Transportation Authority, Joseph Lhota parla del “peggior disastro in 108 anni di vita della metropolitana newyorchese” ed afferma che per drenare le linee ci vorranno non meno di quattro giorni.
Come scrivono Repubblica e Corriere, fino all’imbrunire i newyorchesi e gli americani che vivono sulla costa orientale, pur avvertiti da sindaci, governatori e dallo stesso presidente Obama della gravità della tempesta che stava per abbattersi su di loro, hanno sperato che Sandy fosse come Irene: l’uragano che poco più di un anno fa fece danni ingenti, ma senza provocare vere catastrofi.
Poi, dal momento in cui il vortice ha raggiunto la costa – le 8 di sera, l’una di notte in Italia – la metropoli ha cominciato a sprofondare nell’acqua mentre i grattacieli vibravano sotto i colpi delle raffiche di vento: intere zone di Lower Manhattan, di Brooklyn e di Staten Island sommerse per un metro o anche un metro e mezzo.
L’acqua salata si è infilata nelle stazioni della metropolitana, ha allagato molti tunnel e le piste degli aeroporti maggiori come il Kennedy ed il La Guardia.
Ora il National Hurricane Center definisce Sandy un ciclone post-tropicale che comunque resta pericoloso e con i suoi forti venti, continua a tenere in ginocchio la costa minacciando 60 milioni di persone. Cade a Downtown la facciata di un edificio mentre in un cantiere di un condominio di lusso, che sarà l’edificio più alto residenziale della città una volta ultimato, una gru si piega e resta in bilico: l’albergo e gli edifici vicini sono evacuati. I centralini per le emergenze messi a punto dalla città sono intasati, con 10.000 chiamate ogni mezz’ora.
A New York, più di 50 edifici sono andati in fiamme, soprattutto nell’area di Rockaway Park, nella baia, area fortemente a rischio e perché si trova su una stretta penisola di fronte a Queens e Brooklyn.
Molti i salvataggi in mare effettuati dai pompieri, che anno anche recuperato il corpo di uno dei due membri dell’equipaggio della nave copia del Bounty, la HMS Bounty, dati per dispersi al largo della Carolina del nord, dopo che l’imbarcazione, che si era imbattuta nell’uragano. Stando alla Guardia Costiera, il corpo di Claudene Christian, 42 anni, è stato trovato dall’equipaggio di un elicottero MH-60 Jayhawk, mentre risulta tuttora disperso il capitano della nave, il 63enne Robin Walbridge ed erano stati, già ieri, tratti in salvo gli altri 14 membri dell’equipaggio.
Se Sandy si è comportata come ci si aspettava, un uragano piuttosto inatteso si è abbattuto sulla Sicilia dove, nelle elezioni regionali, il partito più votato è stato il 5 Stelle di Grillo, segno evidente (con l’astensione che ha superato il 50%) del grave scollamento fra politica e cittadini; scollamento che ha molteplici cause (come gli uragani): gli scandali che hanno travolto la politica, i numerosi privilegi della casta che non accennano a diminuire neanche quando sono richieste gravosi “sacrifici” a tutti gli altri, oltre alla condizione di “democrazia sospesa” in cui versa il parlamento, grazie al “governo dei tecnici”.
In effetti, la vittoria di Crocetta, candidato della coalizione composta dal PD e dall’UDC, con anche PSI e API, è una vittoria “mutilata”, se pensiamo alle percentuali dei singoli partiti: sia il PDL che il PD infatti non superano il 15% e cosa più importante non superano il M5S che dallo 0 per cento è ora, il primo partito dell’isola più problematica d’Italia.
Ma la cosa che più preoccupa i partiti è che quella siciliana possa essere solo l’anteprima, la prima folata dell’uragano vero che li riguarderà, nelle prossime elezioni a carattere nazionale.
Scrivono in molti oggi che, “l’uragano Grillo” e la “tempesta dell’astensionismo” rendendo conto del momento caotico e alquanto complicato che tutti stiamo vivendo dal punto di vista politico e sociale e della incapacità dei partiti a gestirlo.
E, dall’estero, guardano al fenomeno con crescente trepidazione ed il Financial Times, che mette la vittoria di Grillo in prima pagina, si chiede quale sia la competenza autentica dei componenti del Movimento 5 Stelle, molto bravi nel criticare ma privi di proposte concrete e risorse di governo.
Il partito antiestablishment del “cabarettista” Grillo, scrivono i giornalisti inglesi, si è affermato come “una forza con cui fare i conti”, dopo che ha cavalcato” un’ondata di rabbia” nei confronti dei principali partiti e dell’austerità del governo; ma il risultato è che ora i mercati sono preoccupati, come mostrano lo spread risalito di 20 punti e Milano con segno negativo.
Per continuare nella forza dirompente della inattesa tempesta siciliana, sempre Guy Dinmore e Giulia Segreti, inviati di Financial Times in Italia, scrivono che l’elevato astensionismo – ha votato solo il 47% – “riflette la portata della disillusione per la corruzione, gli scandali e l’alta disoccupazione”, ricordando che l’ultimo governatore, Raffaele Lombardo, si è dimesso dopo essere stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre il suo predecessore è in carcere per legami con la criminalità organizzata.
Quanto alla debole performance del partito di Berlusconi è “particolarmente dannosa per Angelino Alfano”, osserva il Financial Times, poiché Alfano, in corsa nelle primarie del Pdl, è siciliano ed è considerato un “moderato pro-europeo”. Il
Si fa inoltre notare come la tirata di Berlusconi contro l’austerità di Monti e contro le politiche “egemonistiche” della Germania è stata interpretata come un colpo ad Alfano e un’apertura alla possibilità che il partito assuma una posizione “più populista ed euroscettica, vicina a quella di Grillo”; cosa che rende i mercati ancora più nervosi.
E se Ricciardi, ministro per la Cooperazione e l’integrazione, dichiara al Messaggero che la vittoria di Grillo è “impressionante ma non travolgente”, perché, secondo lui : ”per il cittadino disgustato anche i grillini sono gli attori del teatrino della politica che a loro non interessa più”; sono in molti e non solo fuori da l’Italia a temere sempre di più per le sorti di questo Paese diviso fra caste, incompetenze e popolo disorientato e furioso.
Furioso ancor di più quando apprende che il paladino Di Pietro, difensore della legalità e della trasparenza in politica, secondo quanto ricostruito ieri sera da Report, in base ad una ricerca commissionata da Elio Veltri, ex vicepresidente dell’Idv, ha un patrimonio di famiglia stimato, escludendo le 9 proprietà della moglie e le 2 del figlio maggiore, in 45 unità, comprese di garage e cantine e, ancora, con una movimentazione economica del 33% dal 1995 al 2001 e dal 2002 al 2009 che arriva al 67%, prima dei rimborsi elettorali e dopo i rimborsi elettorali, entrambe al netto delle vendite.
E non basta. Secondo quanto ricostruito nella sua inchiesta dalla giornalista Sabrina Giannini, Maria Virginia Borletti, figlia del produttore milanese di macchine da cucire, decise di donare a Di Pietro e Romano Prodi quasi un miliardo nel 1995. Ma mentre Prodi usò la sua parte per la campagna de l’Ulivo, Di Pietro, come da lui stesso ammesso in una nota memoria consegnata al magistrato, dichiarò di avere usato la donazione Borletti “per l’acquisto di immobili”.
Alla domanda della giornalista di Report se confermava tutto ciò: “Certo che la parte che mi ha dato in donazione l’ho usata personalmente”. La giornalista ha replicato: “Solo a lei?”. E lui serafica ha risposto: “E certo. Me l’ha data a livello personale”.


30 Ottobre 2012

Categoria : Cronaca
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