Allibiti di fronte a falsità e menzogne
Continuiamo a leggere, ormai da due giorni, le dichiarazioni dei politici (con loro persino ministri e altissime cariche dello Stato), e gli articoli di molti giornali (non solo italiani, il colmo!), gli sproloqui assurdi, le falsità , le menzogne pure (si fa per dire) e semplici sul processo Grandi Rischi. Sulla sentenza. Sulle decisioni (peraltro da qualcuno correttamente informato, molto elogiate) del giudice aquilano. Non critiche legittime, nel rispetto della libera opinione, ma bugie vergognose. Prove di fangosa malafede e disinformazione, di abietta obbedienza a preconcetti e ordini dall’alto.
Se ad un giornalista viene “ordinata” un’opinione, è tenuto, per un minimo di onestà intellettuale e professionale, a rifiutarla. Purtroppo in questa vicenda non è stato così, e c’è da sospettare che sia accaduto anche altre volte. Un inabissamento totale della fiducia, della convinzione, sia pure ingenua, che ciò che si legge, sia se non vero, almeno verosimile. Come era una volta. Capita persino che dei giornali dicano la verità nelle edizioni locali, e cadano nella trappola della mistificazione nelle pagine nazionali. A pappagallo, spesso. Che desolazione.
Gli scienziati sono stati condannati (pena troppo severa? Non vero neppure questo) per aver eluso l’analisi del rischio, per aver agito con negligenza. Non per la mancata previsione del terremoto, che è impossibile. Nessuno ha processato e condannato la scienza, ma dei suoi rappresentanti che hanno agito in modo giudicato sbagliato. Dice giustamente la Pezzopane: se un medico sbaglia e il malato crepa, va sotto processo il medico oppure la medicina come disciplina? Facile, semplice, limpido, scritto negli atti, riferito da tutte le fonti oneste e veritiere, che erano presenti al processo e lo hanno seguito. Raccontando la verità che molti non volevano sentire. Tralasciamo le sarcastiche e velenose considerazioni dell’avvocato Biondi, ex politico, che ha messo in dubbio persino l’opportunità di dibattere l’appello a L’Aquila. Così come qualcuno chiedeva di non tenere il processo a L’Aquila. Gli avvocati fanno il loro mestiere, alcuni con purezza di spirito e profonda coscienza professionale. Alcuni. Altri vanno in bestia se perdono la causa. E berciano, starnazzano, vomitano parole. C’è persino chi mistifica, pur di conseguire lo scopo. Non è accaduto a L’Aquila, speriamo. Ma non ne siamo certi.
Ci auguriamo che questa indegna caciara antisentenza finisca, si spenga, quando i mistificatori torneranno allo stato di coscienza. Ci auguriamo che vi sia, alla fine, una limpidezza intellettuale capace di affermarsi. Vorremmo anche qualche scusa, qualche ritorno di etica professionale, ma senza molte speranze. L’Italia sta diventando un paese di cui arrossire, solo a confessare di esserne cittadino. Tempi bui, crepuscolo del vivere civile. Se è sulle menzogne più becere che si deve annaspare per tenersi a galla, meglio affogare. Non è obbligatorio esserci. E, per molti, neppure più auspicabile. Europa, scusaci.
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