People-gente d’Abruzzo: Marcello Zaccagnini


Bolognano – (di Stefano Leone – foto di Massimo Leone) – Uscendo dall’autostrada che arriva dalla costa, ci si immette sul tracciato della vecchia Tiburtina Valeria percorrendola fino ad arrivare in un tratto di salita alla cui sommità, si lascia la vecchia strada consolare, per iniziare ad arrampicarsi su tornanti dalla curvatura dolce ma decisa che portano verso il paese di Bolognano. Salendo, l’occhio non può non notare, sia a destra che a sinistra distese di filari di viti, ordinati e composti quasi come se una mano sapiente e paziente li avesse inseriti nell’accogliente terreno con precisione maniacale. Perfino le foglie delle viti appaiono all’occhio ordinate e tutte uguali.
Le distese sono di un verde non eccessivo ma, l’uniformità dell’estensione, per ettari ed ettari di terreno, danno la sensazione di una grande onda verde scuro che, a tratti a seconda del volere giocoso del sole, lampi di luce riflessa spaccano i filari facendoli a tratti apparire più brillanti. E’ li, che dietro una curva più dolce delle altre, sulla destra si apre uno slargo dove ti accoglie l’accesso agli agri dell’azienda. Una scritta in legno, vagamente richiamante un’arte pregiata di vero artigianato, fa capire all’ospite dove è arrivato. Azienda vinicola Zaccagnini: il vino arte dell’uomo. Non potrebbe essere altrimenti, dato che per Marcello Zaccagnini, detto Ciccio, l’attività di fare vino è il suo lavoro imprenditoriale ma è strettamente legata al vero e proprio culto dell’arte. Arte come musica, arte come pittura, arte come scultura arte come il gusto del bello. I locali dell’azienda non appaiono come classici locali commerciali di una azienda ma piuttosto come una galleria d’arte. Architetture e costruzioni di forme e colori con botti e bottiglie in locali ampi e austeri; manager del marketing, amministrativi ed operai si aggirano da un locale all’altro con composto atteggiamento ma con la semplicità dettata dal comune senso del trovarsi a proprio agio nel posto di lavoro. All’esterno, dalla grande terrazza semicircolare che sovrasta i lunghi filari di Montepulciano, lo sguardo perde il controllo fino a posarsi sulle cime lontane della Maiella. In mezzo ai vigneti, fra i colori evidenti delle viti, capeggia una scultura in poliuretano alta quasi 9 metri, realizzata fra i vigneti dall’artista olandese David Bad. Dalla stessa terrazza, ma volgendo lo sguardo verso l’azienda, in alto al centro troneggia una vetrata a forma di “occhio”. E’ la vertata della sala degustazione con, appunto, l’occhio che idealmente controlla, coccola e protegge i filari. Lo stesso occhio vivo, entusiasta, con quella vaga vena di apparente distrazione tipica degli artisti che ha lui, Cicco Zaccagnini quando ci viene incontro per salutarci, accoglierci e faci accomodare per l’intervista. Le prime domande le facciamo nella bottaia, un locale bellissimo, lungo, tutto in pietra, sulle cui pareti quadri e disegni fanno da arredo alle botti ordinatamente posizionate in fila.
- Il suo primo bicchiere di vino?
- “A dieci anni; un assaggio clandestino che non ho più dimenticato”.
- Se Marcello non avesse fatto il vignaiolo, cosa avrebbe fatto?
- “L’architetto. Amo molto l’architettura, soprattutto quella moderna con una particolare attenzione a studi che portino a forme che non siano già viste, forme che siano come un vestito. Insomma, quelle forme che si “ambientano” con la persona; ho realizzato diversi progetti fra i quali la terrazza sospesa che è qui davanti all’ingresso. E’ un cerchio che entra in un quadrato. Strutture che rispecchiano le emozioni che vivo nella quotidianità”.
- La sua storia non è quella di una ricca famiglia che decide di investire nel vino; lei è cresciuto come contadino che lavora nei vigneti di proprietà del papà.
- “La mia storia è una storia un po’ strana; io ho fatto per 11 anni l’operaio, facevo il saldatore ai raggi x poiché mio padre aveva una piccola impresa di costruzioni, poi si ammalò e non potette più lavorare. Pensando a mia mamma che non avava più sostentamento per vivere me ne andai a fare l’operaio”.
- E la sua prima bottiglia di vino prodotta?
- “Nel 1978 venduta senza il supporto del marketing”.
- Quali insegnamenti mantiene oggi della sua figura paterna?
- “Mantengo tre valori che ritengo molto importanti: la perseveranza che è tipica del mondo contadino, la costanza e la tenacia. D’altronde i valori della campagna sono quelli di attendere il miglior raccolto, di attendere la migliore qualità, avere la forza di saper attendere anche dopo aver lavorato duramente. E questo, portato a livello imprenditoriale, dà all’azienda un valore aggiunto”.
- Quando si parla di lei, inevitabilmente il pensiero va al vino ma, a differenza di altre realtà, la sua persona viene accostata all’arte.
- “L’arte è una espressione che hai dentro; ci nasci. Che poi possa essere espressa in modi differenti questo dipende dall’inclinazione personale ma fondamentalmente è il senso del desiderare cose belle, istintive e sentite. Avere un progetto finale. Ad esempio io quando ho costruito la cantina avevo delle idee ma soprattutto avevo già l’idea del progetto finale. E’ stato un po’ come se avessi costruito una cornice pregiata e poi, giorno dopo giorno, ci dipingo dentro. Il mio sogno è quello di avere una cantina moderna come immagine e all’avanguardia per la tecnologia”.
- Vuole parlarci del particolare legame che c’è fra lei e la famiglia del cantautore teramano scomparso Ivan Graziani?
- “Io ero molto amico con Ivan e, quando è venuto a mancare, chiesi a sua moglie Anna quale contributo potessi dare per tenere sempre desto il ricordo di Ivan. Insomma, come poter legare il mio mondo del vino al nome di Ivan. Venne così in vita l’idea di istituire un premio che è il premio “Pigro” che consiste nella realizzazione artistica di un fiore nella quale capeggia la scritta “Un fiore per Ivan”. Nel 2013 sarà la 14ma edizione. Il premio “Pigro” annovera la partecipazione di artisti della levatura di Pietro Cascella, Edolo Masci, Ennio Calabria”.
- Il motto “il vino arte dell’uomo” come è nato?
- “Sempre dal quell’inscindibile legame fra imprenditoria e arte; io penso che ogni etichetta, ogni vino sia una espressione artistica che ha sue peculiarità specifiche e mai uguali. Il vino è vivo e la vita è arte”.
- Se faccio un nome: Concezio Marulli; cosa mi dice?
- “E’ una persona importante per me; ho sempre detto di lui che la sua vita è il vino e la vita i campi. E’ l’enologo dell’azienda ma soprattutto Concezio è mio cugino e sta con me da quando aveva 7 anni. Abbiamo iniziato insieme quando non avevamo nulla, abbiamo condiviso tutto; la crescita dell’azienda ha visto crescere me e lui insieme. E’ una persona speciale, oltre per il fatto che sia mio cugino, ma in lui concorrono caratteristiche assolutamente speciali. E’ una persona che si è fatta da se, crescendo dentro l’azienda e diventando un enologo di assoluto prestigio. Nonostante sia un mio dipendente, Concezio è l’azienda”.
- Marcello le dico: Giappone, Russia, Inghilterra, Germania e Stati Uniti; sono luoghi nel mondo che vedono il marchio Zaccagnini. Ma per l’uomo, cosa vuol dire essere in contatto con realtà così lontane da Bolognano?
- “Bè, diciamo che vedere una mia creatura in posti così lontani da Bolognano, un paesino di 1500 persone è una emozione senza commento. Rapportarsi a culture, usi e costumi diversissimi dalle genuina semplicità contadina del mio paesello è indescrivibile. E’ un continuo arricchimento per me e un incessante accumulo di sapiente esperienza. Entrare in un Wine Store di Manhattan, ed essere complimentato per qualcosa che hai creato e sai di averlo fatto nel tuo paesino del quale loro non sanno neanche l’esistenza bè, è da far venire un nodo alla gola per l’emozione”.
- Cosa sente di dire ai giovani in un momento così difficile del nostro tempo?
- “Io concedo il massimo supporto a strutture che indirizzano i giovani verso il mondo della vita e del lavoro. Dico a loro, comunque, che devono avere forza e molta tenacia, non è solo una questione di soldi, ma di caparbietà e tenacia. Devono avere un obiettivo chiaro, preciso e concentrarsi su di esso senza eccessivi euforismi ne abbattimenti repentini. Caparbietà e tenacia”.
- Qual è il suo rapporto con la politica?
- “Pochissimo, quasi nullo. Non credo la politica possa aiutare più di tanto. Se lo fa è momentaneo poiché prima o poi, in una misura o l’altra ti chiede il conto. Veda, io vengo da una famiglia nella quale mio padre era totalmente e dichiaratamente di destra tanto che, per aver ammesso di essere uno dei 13 voti all’MSI di Almirante non lo fecero lavorare alla Montedison di Bussi. Fu quindi costretto ad emigrare ed andare a lavorare nelle miniere in Belgio pur di mantenere fede a ciò in cui credeva. Dunque, io cerco di lavorare in silenzio, cerco di produrre ricchezza e la mia ricompensa è vedere le facce soddisfatte dei miei dipendenti”.
- Quanto tempo lei dedica al suo lavoro?
- “In media 12 ore al giorno e, spesso anche il sabato e la domenica”.
- Rifarebbe tutto ciò che ha fatto nella vita?
- “Ritengo di si, qualche errore che avrei potuto evitarlo ma mi è servito per crescere”.
- Marcello, lei vede un bambino correre fra i filari dei vigneti. Cosa le fa pensare questa immagine?
- “Ad un profondo senso di serenità”.
- Lo vede come futuro imprenditore del vino?
- “A dire il vero più che vedere un bambino futuro uomo imprenditore sto cercando io di tornare bambino”.
Questo è l’uomo Marcello Zaccagnini, una eccellenza dell’imprenditoria abruzzese proiettata nel mondo che non dimentica Bolognano, il suo borgo, i suoi colori e le colline che lo hanno visto crescere e diventare adulto. Un giorno, forse, quel bambino che corre fra i filari sarà ancora lui.


14 Ottobre 2012

Categoria : Le Interviste
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