Il nuovo Auditorium non serve all’Aquila


E’ necessario armarsi di santa pazienza e provare ad argomentare il perché non considero il dono del nuovo Auditorium di Renzo Piano una cosa utile alla città dell’Aquila bensì dannosa, con la consapevolezza che ormai è un dato di fatto che mai verrà rimosso da dove si trova. Penso però che sia ugualmente utile evidenziarne i motivi affinché altri pensieri dannosi trovino maggiori barriere in ingresso.

Non sfuggirà agli attori interessati che il futuro dell’Aquila non dipende dalla realizzazione dell’Auditorium men che meno da qualche concerto di musica organizzato al suo interno o in altri spazi. Inoltre, la scusa di far rivivere il centro storico posizionando nel suo cuore e dentro un parco un nuovo Auditorium invece di ricostruirne uno dei tanti semi distrutti, mi rinnova immagini di città dell’est Europa dove una gerarchia di capi padroni della proprietà comune, negli anni settanta, costruivano grandi palazzi della cultura intorno a desolanti colate di cemento armato per impossessarsi simbolicamente anche dello spirito della popolazione attraverso un’educazione esclusiva e controllata. Ma non è questo il caso dell’Aquila.  

Il futuro dell’Aquila passa dalla capacità di rinnovare il senso di comunità degli aquilani stessi e dalla sua visione del futuro cui far tendere ogni sforzo, ogni energia da qui a venti anni in una cornice di trasparenza e di legalità. 

La legalità ed il rispetto delle regole sono il prerequisito indispensabile per una convivenza civile in un territorio che ha pagato con il sangue il mancato rispetto delle regole costruttive ed urbanistiche insieme alla superficialità di diversi pubblici ufficiali nello svolgimento delle loro funzioni professionali e collegiali. 

Ma andiamo con ordine.

Quando si fa un dono dal grande significato simbolico come l’Auditorium i cui ideatori e sostenitori rappresentano di per se un simbolo nel mondo, devono essere considerate, con attenzione, tutte le valenze simboliche del dono stesso fin dalla radice.

Questo deve avvenire in particolar modo dove si sa che sono stati già commessi, come affermato, un migliaio di errori da persone che si sono auto definite fin dal primo giorno lucide e non emotivamente coinvolte. Sappiamo come è andata a finire ed io, meno lucido, prevedo con quasi assoluta certezza, amando la giustizia, cosa ha comportato dal 2009 e cosa comporterà in futuro tale “lucidità”, purtroppo.

In futuro, i poco lucidi devono essere consapevoli del fatto che non si possono delegare alla magistratura i compiti di risanare una società talmente smarrita nell’interpretare e nel porre in essere una convivenza civile (ogni anno giungono presso le procure della Repubblica alcuni milioni di notizie di reato) e di risanare la credibilità delle istituzioni (ad ottobre del 2012, due italiani su tre non credono più nelle istituzioni locali e nazionali). I poco lucidi, finchè hanno forza, devono impegnarsi per diffondere in Italia ed in particolar modo all’Aquila la cultura preventiva della responsabilità: di cittadinanza, politica, amministrativa, professionale ed anche artistica. Non sarà una passeggiata perché prima dei diritti si avrà a che fare con dei doveri. 
Come sempre il compito più duro lo avranno i cittadini e solo al loro dovere faccio un accenno. I cittadini, parafrasando Kant, dovranno sforzarsi al massimo con determinazione e coraggio per uscire da uno stato di minorità di cui loro stessi sono responsabili. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida altrui. In questo momento storico noi cittadini non possiamo sottrarci dalle nostre responsabilità adagiandoci su qualcuno che pensi per noi e decida per tutti. Serve responsabilità. Andiamo al dunque. 

Perché l’Auditorium è un danno così come è stato ideato e localizzato.

1. Innanzitutto perché prima ancora di un nuovo palazzo della cultura da presentare con un forte impatto mediatico, del livello di quelli già conosciuti in passato sempre in città, L’Aquila, ha necessità di essere ricostruita in termini immateriali e in particolare nella legalità. Cosa devono pensare i giovani di venti anni, citati dai protagonisti della progettazione, che vivono in città e che sanno che all’interno di un parco centenario ed unico nel suo genere non si può costruire con prepotenza un edificio neanche da parte delle istituzioni o da parte di professionisti famosi in tutto il mondo? Un edifico, per legge, non si può costruire neanche a pochi metri da un monumento medievale di quella portata e simbolo della città. Tutto ciò è stato fatto cavalcando il concetto giuridico della temporaneità e dell’emergenza post terremoto così come lo si è fatto per delle chiese ed altri edifici nei mesi appena successivi al terremoto. Ma la massima istituzione cittadina cosa fa il giorno dell’inaugurazione? Dichiara, annullando a priori la deroga della temporaneità stabilita dalla normativa, che mai lui andrà a spostare un manufatto solo da lui voluto nel centro della città e rendendo un qualcosa che negli intenti degli urbanisti poteva essere di una qualche utilità, immediatamente abusivo prima ancora del taglio del nastro effettuato dal Presidente della Repubblica in persona. Secondo tale logica e visto l’esempio, potrebbero fare lo stesso ragionamento tutti i furbetti della città dell’Aquila e non solo che si sono costruiti, sfruttando la normativa del momento, dei manufatti provvisori in terreni agricoli e quindi non edificabili per i più svariati motivi. Responsabilità. Serve responsabilità da parte dei politici e da parte degli amministratori non è vero?

2. Un altro motivo per cui lo considero un danno è dato dal fatto che L’Aquila, realizzando nel Parco del Castello l’Auditorium, per l’ennesima volta non è stata capace di sfruttare una grande opportunità data dalla disponibilità di fondi del Trentino e del genio di Renzo Piano. In termini tecnici, L’Aquila è stata vittima di un ulteriore “costo opportunità” dato dal mancato beneficio di avere un Auditorium di tale fattura inserito, sempre nel comune dell’Aquila, ma all’interno di un progetto turistico da svilupparsi per il rilancio turistico ed economico della città alla base della funivia del Gran Sasso e cioè a 10 minuti dal centro storico.  La mancanza di responsabilità da parte dei politici e degli amministratori che dopo tutti questi anni non hanno realizzato un piano strategico della città con una chiara visione del futuro e con degli obiettivi da perseguire ha fatto si che questa opportunità non venisse colta e perseguita grazie anche alla disponibilità dei trentini che in fatto di cultura della montagna e dell’ospitalità tanto avrebbero potuto donarci.

3. Il terzo motivo per cui l’Auditorium così posizionato non è utile alla rinascita simbolica della città è dovuto, secondo me, ad un fatto storico che non può essere sfuggito a coloro i quali hanno definito lo stesso il quinto bastione del castello cinquecentesco (che ne ha quattro in pietra). La città dell’Aquila ebbe una vitalità commerciale ed artistica senza pari durante il medioevo che la portarono ad essere la seconda città per importanza dopo Napoli nel centro sud della penisola. Con l’ avvento della dinastia spagnola, e quindi con l’imposizione di una cultura dominante, tutto questo fu distrutto fino a quando L’Aquila, sentendo ormai esaurire in se ogni anelito vitale, si ribellò. Era il 1527. la reazione spagnola fu sproporzionata. Il vicerè Filiberto d’ Orange inflisse una multa pesantissima che superava ogni potenzialità di pagamento degli aquilani: gabelle spropositate sui raccolti dello zafferano, confisca dei beni preziosi delle chiese, degli addobbi più preziosi e degli oggetti di maggior valore. Simbolicamente e ”ad reprimendam Aquilanorum audacia” fu imposta la costruzione dell’imponente castello cinquecentesco da parte degli Spagnoli. Il castello fu progettato da Don Pirro Luis Escribà, capitano ed architetto militare di Carlo V, lo stesso che ha realizzato Castel Sant’Elmo a Napoli. Ora, se Renzo Piano voleva realizzare una prosecuzione simbolica del castello cinquecentesco ci è quasi riuscito anche simbolicamente e di nuovo “ad reprimenda Aquilanorum audacia”. Se non lo voleva si è prestato ad intenti senza visione del futuro ed irresponsabili di amministratori locali che prima di creare un’ulteriore ed effimera occasione mediatica con tanto di passerella per se stessi avrebbero fatto bene a ricostruire una delle tante scuole quasi agibili lungo viale Duca degli Abruzzi. Sarebbe stata la prima scuola ricostruita dopo più di tre anni e dopo tutti quei miliardi di euro degli italiani spesi per non si sa bene quale ragione sul territorio dell’Abruzzo terremotato che di veramente terremotato ha soltanto la città dell’Aquila. Sarebbe stato eticamente responsabile e avrebbe unito tutta la città senza polverizzarla ulteriormente come è volutamente avvenuto.

Altre motivazioni non ci sono ne da un punto di vista politico, come qualcuno tenta di far emergere, ne da un punto di vista di visibilità da parte di persone poco lucide. Per chiudere questa argomentazione voglio far riferimento alla storica apertura verso innovazioni e contaminazioni esterne da parte della città dell’Aquila almeno fino a quando aveva al suo interno la capacità di autodeterminare le proprie fortune senza passare prima per le anticamere di interessi esterni e superiori alla città. Faccio un unico riferimento e lo faccio a Guelfo da Lucca, giudice sotto il capitano della città Lucchesino Ateleta di Firenze, che nel 1275 fece edificare la monumentale fontana della Rivera. Guelfo da Lucca , che poi divenne capitano di Lucca, nel 1308 fece costruire all’Aquila il primo acquedotto cittadino. Era un’innovazione tecnologica senza pari con un impatto sullo sviluppo della città che vi lascio immaginare.  La stessa tecnologia che fu poi adottata solo dopo 4 secoli nelle più grandi città d’Italia. Oggi a testimonianza di ciò rimane solo uno dei due torrioni piramidali che davano forza di ascensione all’acqua quando ancora non si conoscevano le leggi dei vasi comunicanti. Nessuna strada della città è stata dedicata a Guelfo da Lucca seppure abbia dato un contributo senza pari alla crescita della città.
Forse Renzo Piano avrà la sua dedica in città.



07 Ottobre 2012

Pier Paolo Visione  -  Dottore Commercialista e Revisore legale in L’Aquila

Categoria : Editoriale
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