BENVENUTO, PRESIDENTE GIORGIO
L’Aquila – (di G.C.) – Il benvenuto che le porgiamo, presidente Giorgio, proviene sincero da tante persone, ma non da tutte. Ricordiamo l’affetto, la commozione, l’umana partecipazione alla tragedia aquilana nell’aprile 2009, che lei seppe esprimere, e in questa terra martire gliene siamo grati. Ma il sorriso, la mano testa a stringere la sua, idealmente, non arrivano da tutti. Troppe persone sono ormai vinte, sfiduciate, e si sono arrese.
Precariato, disoccupazione, problemi a non finire, ritardi, la mancata ricostruzione, la struggente consapevolezza della disgregazione sociale hanno – in tanti – ormai la meglio. Sono coloro che non se la sentono di sorridere, neppure oggi che lei è con gli aquilani, e si tengono silenziosi in disparte, fiaccati da politica, istituzioni inadeguate, ritardi, promesse deluse. Anche le sgradevoli polemiche dei giorni scorsi, sull’auditorium e sulla cerimonia di oggi, hanno contribuito ad amareggiare. E’ desolante dover assistere alle esibizioni maldestre e grossolane, alla futile corsa verso le prime file, alle insane voglie di protagonismo immeritato.
Troppe cose, caro presidente Giorgio, non vanno da queste parti. Lei, da saggio navigatore di lungo corso nelle vicende italiane, sa che siamo disposti a chiudere un occhio o tutti e due su molte cose, e sa anche, però, che non si sorride quando ci si sente negato il presente, e si vede negato il futuro ai propri figli. Non si ha più il vigore psicologico per accettare e sperare che il peggio sia alle spalle, mentre è davanti a noi.
Benvenuto, presidente Giorgio. Ma lei arriva in una terra che diviene palude, che cela sabbie mobili. Lo dica alla politica.
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